Cronache

Tarik, il baby jihadista di Milano morto in Siria

Ecco la storia di Tarik, orfanello marocchino cresciuto in un centro cattolico di Milano prima di diventare martire in Siria

Tarik, il baby jihadista di Milano morto in Siria

Tarik era un ragazzo perbene cresciuto a Milano grazie a un permesso di soggiorno “per affidamento”, un documento, riservato ai minorenni stranieri rimasti senza genitori. Un anno fa è scappato dal centro cattolico cui era stato affidato, è sparito dall’Italia e di lui non si è più saputo nulla finché non si è scoperto che era partito in Siria a combattere per a fianco dello Stato Islamico.

La vita di Tarik in Italia

Ora, grazie a una foto pubblicata su internet da un suo amico, col quale era partito da Milano, rivela la tragica fine del giovane Tarik Aboulala: è diventato un martire del Califfato. Tarik, nato in Marocco nel ’95, arriva in Italia da bambino e, rimasto orfano, nel 2010 viene affidato alla comunità Kayros di Vimodrone, alla periferia di Milano, un centro fondato da don Claudio Burgio, che si occupa di dare un futuro ai giovani senza famiglia. Qui, come racconta l’Espresso, Tarik impara l’italiano, prende il diploma di scuola media e, compiuti i 18 anni, va a vivere in un appartamento della comunità con altri suoi coetanei che sono nella sua stessa situazione. Tra i suoi coinquilini c’è Monsef El Mkhayar che, a differenza di Tarik, ha creato molti guai nella comunità e ha un carattere difficile. Beve, fuma hashish, fa a botte e viene arrestato per spaccio di droga. Uscito da San Vittore è tutto un altro uomo: non beve, non fuma e parla solo di religione. Monsef rompe ogni tipo di rapporto con la comunità di Don Burgio, passa tutto il tempo su internet a visionare i siti dei predicatori jihadisti e convince l’amico Tarik ad abbracciare la causa dell’Isis e a partire per la Siria.

La partenza per la Siria e la tragica fine

Il 17 gennaio 2015, a soli 19 anni, vola per la Turchia e da lì prende un bus per il confine siriano. Dopo dieci giorni un dirigente della comunità Kayros denuncia ai carabinieri la sparizione di Tarik. Sul volo di ritorno dei due ragazzi non c’è traccia e, solo due mesi, finito l’addestramento, Monsef ricompare su internet con un mitra sulle spalle e da lì in poi il suo profilo diventa un diario di guerra con lapidazioni, stragi e teste mozzate in nome del Daesh. Nei giorni delle stragi terroristiche in Francia e Belgio, l’italo-marocchino Monsef pubblica foto della bandiera nera che sventola sul Colosseo e sulla Torre Eiffel, mentre Tarik non usa internet o ha un profilo fake con un nome da battaglia. Le sue foto vengono però pubblicate dall’amico vhe il 7 aprile scorso gli dedica un ritratto: il bravo ragazzo della comunità milanese è diventato un guerriero di Daesh con la barba lunga e l’indice della mano destra verso il cielo.

Una foto da martire perché “l’Espresso” ha scoperto su Internet che Tarik sarebbe morto e la notizia è stata confermata dalla procura e dalla polizia di Milano, che non ha aggiunto particolari perché c’è un’inchiesta in corso per terrorismo internazionale.

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