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Il tesoretto cresce, Prodi lo congela

Il premier promette soldi e finanziamenti a tutti, dai pensionati agli statali, però dal 2008. E l'extragettito sale a 12 miliardi. Aut aut di Giordano al governo: "O con le imprese o coi lavoratori"

Il tesoretto cresce, Prodi lo congela

Roma - I silenzi di Romano Prodi sono più eloquenti delle parole pronunciate. E la breve conferenza stampa sul «tesoretto», al termine del vertice con Rutelli, D’Alema e Padoa-Schioppa, ne è la conferma.
Il presidente del Consiglio annuncia di aver raggiunto un accordo con i suoi vice su come destinare «le maggiore risorse» di bilancio. E fa un elenco di cinque punti: 1) sostegno alle pensioni più basse, ai precari e riforma degli ammortizzatori sociali per chi ha perso il lavoro; 2) infrastrutture; 3) ricerca; 4) piano casa, «che verrà esaminato in un prossimo Consiglio dei ministri»; 5) politiche a sostegno delle famiglie.
Queste misure - spiega Prodi - entreranno a far parte del Dpef, che verrà approvato «dal Consiglio dei ministri del 28 giugno». Mentre per quanto riguarda il rinnovo del contratto degli statali - aggiunge il premier - «convocheremo, al loro rientro da Siviglia, i sindacati a cui illustreremo le nostre proposte».
Fin qui le parole pronunciate dal presidente del Consiglio. Ma quel che contano sono i silenzi. Le cinque misure a cui verrà destinato il «tesoretto» entreranno, quindi, a far parte del Dpef (Documento di programmazione economica e finanziaria). Ma il Dpef disegna il profilo dei conti pubblici su cui verrà elaborata la legge finanziaria. Però del 2008. In altre parole, le cinque misure tratteggiate dal premier finiranno nella Finanziaria del prossimo anno; e saranno, pertanto, fruibili a partire dal 1° gennaio 2008.
Altro silenzio di Prodi. A quanto ammontano le risorse a disposizione? «Vedremo», risponde. Sembra, infatti, che per vincere le resistenze di D’Alema e Rutelli ad accogliere una dilazione al prossimo anno della restituzione del «tesoretto», il premier abbia fatto uscire dal cilindro due argomenti.
Il primo, caldeggiato da Padoa-Schioppa: la Commissione europea, applicando il Patto di stabilità, considera che ogni euro di maggior gettito debba andare a riduzione del deficit. Insomma, il «tesoretto» di quest’anno deve andare a riduzione dell’indebitamento: tant’è che la commissione prevede per quest’anno un deficit al 2,1%, che sconta la contabilizzazione dell’extragettito. Il secondo. Da calcoli più approfonditi fatti dal ministero dell’Economia sembra che il maggior gettito disponibile non sia di 10 miliardi di euro (7,5 destinati a riduzione del deficit tendenziale del 2008, e 2,5 miliardi che finora hanno rappresentato il «tesoretto»), ma sia più alto.
C’è chi ipotizza che Prodi - su indicazione di Padoa-Schioppa - abbia fatto capire che l’extragettito ammonti a 12 miliardi di euro. Di questi, sempre 7,5 (pari allo 0,5% del pil: la manovra chiesta dall’Ue) destinati a riduzione del deficit. Ne rimarrebbero a questo punto, non più 2,5; bensì 4 miliardi. Di fronte a questo improvviso (e inaspettato) aumento di risorse, sia Rutelli sia D’Alema hanno preferito non commentare. Anche perché, viste le dimensioni del nuovo «tesoretto» potrebbero anche emergere le risorse per il rinnovo dei contratti degli statali. Con un particolare. Come più volte sostenuto da Padoa-Schioppa, qualunque sia l’esatto ammontare dell’extragettito, questo potrà essere «fotografato» dalla finanza pubblica soltanto in giugno con il Bilancio d’assestamento. E solo dopo essere stato contabilizzato potrà - eventualmente - essere speso. Le elezioni, però, sono domenica prossima. Da qui, i continui annunci di Prodi sull’economia. L’obbiettivo del premier è far capire ai sindacati che le risorse per il rinnovo del contratto ci sono. Ma che devono aspettare altri sei mesi. Oppure può arrivare un decreto da agganciare alla Finanziaria (il 30 settembre), per garantire un acconto sul contratto con la tredicesima di quest’anno.
Negative le prime reazioni degli alleati di governo. Capezzone (Rnp) parla di «esiti quanto meno vaghi» del vertice mentre Diliberto (Pdci) confessa la sua «grande delusione» e avverte: o si decide insieme «o non voteremo niente».

Cauti i sindacati: «Valuteremo le proposte del governo quando il quadro sarà più chiaro».

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