Cinema

Il trionfo di "Barbie", il manifesto femminista

Il trionfo del femminismo kitsch che ha avuto, almeno, il merito di spazzare via anni di dibattiti sulla inutilità di tenere aperte, in estate, le sale, in Italia

Il trionfo di "Barbie", il manifesto femminista

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Il trionfo del femminismo kitsch che ha avuto, almeno, il merito di spazzare via anni di dibattiti sulla inutilità di tenere aperte, in estate, le sale, in Italia. Dimostrando come con il film giusto (si fa per dire), i cinema possano prosperare, nello Stivale, anche nei mesi più caldi dell'anno. In quattro giorni, Barbie ha ridicolizzato la concorrenza, incassando, da noi, 7.717.161 euro. Ovvero, quasi quanto hanno guadagnato, sommandoli, Mission: Impossible - Dead Reckoning - Parte Uno (3.105.135 euro in 12 giorni) e Indiana Jones e il quadrante del destino (5.368.163 euro in 25 giorni). Un successo planetario, con un incasso internazionale di 337 milioni di euro. Insomma, dal punto di vista numerico, Barbie ha stravinto.

Poi, esiste anche un giudizio artistico, che esula dal registratore di cassa. Perché il film, diretto malissimo da Greta Gerwig, è lo sconsiglio del decennio. Quasi dure ore (che paiono il doppio) di melassa allo stato puro, con slogan da «Frasi memorabili» condivise su Facebook, per portare avanti l'idea che, in fondo, degli uomini, tutti ritratti come dei perfetti idioti, a partire dal povero Ken, le donne possano fare tranquillamente a meno. Con la protagonista Barbie Stereotipo che è asessuata, ribadendolo a più riprese, caso mai il messaggio non fosse già arrivato chiaro. E così, tra un product placement e l'altro, ci vengono sciroppate sentenze come «Barbie può essere tutto, quindi anche le donne possono essere tutto» o «Sono un uomo senza alcun potere, questo fa di me una donna?», da mandare in solluchero i salotti «intellectual chic» hollywoodiani, ma anche romani.

Invece, l'idea che si ha è proprio quella di un film furbo, costruito a tavolino come operazione legittima di rebranding della Mattel, lanciato da un marketing da Premio Oscar della Warner Bros. In mezzo a questo, c'è, certo, anche un femminismo da ombrellone estivo che strizza gli occhi un po' a tutte, manifesto anti-uomo che, spesso, fa il grosso errore di prendersi troppo sul serio, tra un make-up e un pigiama party, rigorosamente rosa.

Però, con questi incassi, ha ragione Barbie.

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