Cronaca locale

Trussardi «invade» palazzo Citterio

A scanso di equivoci chiariamo subito che i Beatles non c’entrano. Il Paul McCarthy che giovedì invaderà pacificamente palazzo Citterio, edificio settecentesco a un passo da Brera, è uno di quei geni un po’ pazzoidi che tracciano il solco dell’arte contemporanea mondiale. Promotrice dell’iniziativa, la Fondazione Trussardi, non nuova a plateali scorribande nel ventre della città, che spesso prendono di mira luoghi storici o altamente simbolici. Come la galleria Vittorio Emanuele, che nel 2003 vide esibirsi la coppia di artisti britannici Elmgreen e Dragset nella bizzarra installazione di un'auto con roulotte al seguito che emerge dalle viscere della terra. O come la piazza di Porta Ticinese, che l’anno successivo balzò alle cronache per i manichini dei bambini impiccati da Maurizio Cattelan. Negli ultimi anni, la Fondazione presieduta da Beatrice Trussardi sotto la direzione artistica di Massimiliano Gioni (che è anche direttore del New Museum di New York), si è dedicata a operazioni più «istituzionali», proponendo al pubblico vere e proprie antologiche di artisti contemporanei all’interno di palazzi di proprietà delle Belle arti. Così è stato con la mostra multimediale del duo svizzero Fischli e Weiss a Palazzo Litta, così con le performance provocatorie del tedesco Tino Sehgal nel 2008 alla Villa Reale, così con la personale della videoartista inglese Tacita Dean che lo scorso anno fece scoprire ai milanesi l’esistenza di palazzo Dugnani. E così sarà anche a palazzo Citterio, edificio inedito ai più, il cui nome è stato recentemente riesumato dall’annosa querelle tra Grande Brera e adiacente Accademia. Nelle sue stanze e nei suoi sotterranei l’americano McCarthy allestirà «Pig Island», l’«Isola dei porci», installazione di oltre cento metri quadri che mette in scena oggetti e sculture ciclopiche raccolte dall’artista in quasi sette anni di lavoro. Conoscendo l’opera di McCarthy e il verismo allucinatorio delle sue creazioni che spaziano dalla scultura alla cinematografia, lo spettacolo è assicurato. Vero, Gioni? «Diciamo pure che è una prima mondiale e, comunque, la più grande personale di questo artista in Italia. Oltre a Pig Island, verranno presentate opere nuove o inedite, nonchè una carrellata dei suoi lavori degli anni ’70». La scelta del disabitato Palazzo Citterio, che oltre la facciata barocca si trasforma in un surreale bunker, non sembra casuale visto che già nel lontano ’87 Trussardi sponsorizzò uno dei rari eventi della sua storia recente. «Era una mostra di gioielli, ma stavolta la faccenda è completamente diversa perchè, così come nelle ultime operazioni della Fondazione, l’intento è quello non soltanto di far conoscere al grande pubblico artisti sconosciuti ai più, ma anche luoghi storici dormienti, piccoli tesori finiti ingiustamente nel dimenticatoio...». E infatti si tratta quasi sempre di mostre fortemente spettacolari, spesso provocatorie, ora raccolte nel libro «A chi serve la luna». Ma l’arte contemporanea per stupire deve per forza provocare? «A noi interessa che l’arte possa davvero competere con l’intrattenimento anzichè essere elitaria. Un’arte contemporanea che sia “popolare“, dunque, ma mai annacquata ovvero sempre ricca di contenuti». Quello dei contenuti è una sorta di chiodo fisso di Gioni, che tempo fa si disse perfino perplesso sul futuro museo d’arte contemporanea. «Con i nostri interventi dimostriamo che in realtà a Milano esistono già decine di “musei“-contenitore, basta avere le idee e ovviamente le risorse». Già. Fondazione Trussardi, oltre alle spese delle mostre, si accolla quasi sempre quelle di rendere agibili i palazzi storici.

«Perchè lo fa? I mecenati esistono ancora».

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