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Veleni, torture, omicidi venti secoli di intrighi all'ombra del Cupolone

Da Leone III che nel 799 rischiò di essere accecato fino all'attentato a Wojtyla: la storia vaticana sembra un romanzo di Dan Brown

Veleni, torture, omicidi venti secoli di intrighi all'ombra del Cupolone

Le voci di un complotto per uccidere Benedetto XVI hanno subito eccitato animi e fantasie. E lo si capisce: da sempre le stanze papali vengono immaginate come un luogo di intrighi e manovre, per niente sante. Non è un caso, perché il sacro, quando si unisce al potere, nell’immaginario collettivo (e spesso anche nella realtà) tocca gli abissi del diabolico, più che le altezze del divino. Tanti sono gli esempi storici che lo confermano.
Dopo secoli di persecuzioni romane e altri secoli di scomoda convivenza con i barbari vincitori, nell’VIII il papato si assestò al potere: prima con la «Donazione di Costantino», un clamoroso falso che attribuiva alla Chiesa un vero e proprio regno nell’Italia centrale; poi garantendo a re e imperatori cristiani la propria benedizione, che all’epoca equivaleva a quella di Dio. L’accordo, reciprocamente vantaggioso, ebbe il suo sigillo la notte di Natale dell’anno 800, quando Leone III incoronò Carlo Magno imperatore del Sacro Romano Impero. Il grande imperatore aveva capito appieno l’utilità della Chiesa come mezzo di coesione statale: la visione ecclesiastica di un popolo ordinato gerarchicamente, che intendesse la vita come espiazione privata e collettiva, era quel che occorreva a un impero tormentato da problemi di disciplina sociale e controllo militare.
Eppure proprio l’anno prima, nel 799, Leone III era stato assalito, durante una cerimonia, dai parenti del suo predecessore, che per odio avevano tentato di accecarlo e di strappargli la lingua. Si trattava di gesti tutt’altro che gentili, specialmente verso un papa, ma tali erano i tempi, né del resto molto migliori furono i papi dell’epoca. Fino a quel momento era la comunità cristiana di Roma a eleggere il pontefice, ma poi la nobiltà locale pretese di prendere parte alla scelta, visto che il papa era anche un sovrano temporale. Per molti decenni un paio di famiglie contesero a re, imperatori, popolo e clero il diritto di nominare il papa, spesso riuscendoci. I coniugi Teofilatto e Teodora scelsero più di un pontefice, e la loro figlia Marozia dette a Sergio III un erede che nel 931 sarebbe diventato anche lui papa, come Giovanni XI. Non a caso il X secolo è stato definito quello della «pornocrazia» papale, anche se il culmine della corruzione venne raggiunto nel XV.
Negli anni intorno al 1000, i più erano corrotti, incestuosi, vili, sadici, assassini. Potevano essere uccisi a martellate dai rivali o, come Giovanni XII, venire buttati dalla finestra da un marito geloso. Spesso avevano l’abitudine, molto diffusa all’epoca, di far strappare gli occhi agli avversari. Non stupisce che abbia trovato credito anche la storia (falsa) della papessa Giovanna, che avrebbe partorito durante una cerimonia religiosa; né sorprende l’episodio (vero) di papa Formoso: era morto da nove mesi quando i suoi nemici ne estrassero il cadavere dalla tomba e, alla presenza del successore, lo processarono in un concilio solenne (897). La difesa di Formoso, com’era prevedibile, non fu granché. Il cadavere venne amputato delle tre dita che i papi usano per benedire, fu portato a spasso per Roma a dorso di un asino, con la testa rivolta verso la coda, e infine scaraventato nel Tevere. Erano queste le notizie che giungevano al mondo dall’Italia, notizie di passioni, violenza, anarchia, provocate soprattutto dalle contese intorno al potere del papa.
Per cinque secoli dunque la Chiesa alternò a papi degni, e magari eccellenti, papi tremendi. Spesso anche chi spiccò per capacità politica fu quanto di meno cristiano si possa immaginare.
Non staremo a soffermarci con inutili moralismi su quei papi e su quelle vicende, ma è bene fare alcune considerazioni sugli effetti che il papato ebbe sulla storia d’Italia a partire dall’alto Medioevo. Padroni, fino al Risorgimento, dell’Italia centrale, stretta fra re nordici e re meridionali, e decisi a comandare tenendo gli italiani divisi, i papi furono i principali responsabili della troppo tardiva unità nazionale. Sempre alla ricerca del sostegno di questo o quell’imperatore (o affiancati da imperatori che a loro volta avevano bisogno della benedizione papale), fecero in modo che l’Italia fosse continuamente percorsa da eserciti stranieri. Con quali effetti sulle popolazioni si può immaginare.
La Chiesa fu, per un periodo troppo lungo, l’unico esempio di potere e centralizzazione che il popolo conobbe. Un potere amministrativo inefficiente e dalla massima invadenza nella vita privata, che si sommava al potere e alle pretese vessatorie del signore locale, del piccolo Stato e dei dominatori stranieri. Troppo: non è difficile rintracciare in questa situazione la causa principale della riottosità degli italiani di ogni tempo a qualsiasi potere centrale.
Lasciamo perdere, più per mancanza di spazio che di voglia, le imprese dei papi rinascimentali, a partire da Rodrigo Borgia - Alessandro VI - e dei suoi figli. Basti dire che tutto ciò culminò con la ribellione del frate tedesco Lutero e poi con la controriforma cattolica. Lutero raccontò Roma come una «Babilonia imporporata» e il Vaticano come la «sinagoga di Satana», «verminaio e cancro» che con «insaziabile brama e rapacità» sfrutta «da più di mille anni» la buona e semplice popolazione tedesca. La Controriforma mise fine a tutto ciò, e i papi da allora vennero scelti con cura per il loro rigore morale.
Però quattro secoli e rotti non sono bastati per cambiare un’idea del Vaticano come luogo dal quale ci si può aspettare qualsiasi cosa. Ecco soltanto qualche esempio rapidissimo tratto dal secolo scorso: la persecuzione di Pio X contro il «modernismo» e l’alleanza con il fascismo di Pio XI, Pio XII e gli ebrei, lo Ior e Marcinkus, Calvi e Sindona, il rapimento di una povera ragazza e un omicidio per corna fra le guardie svizzere, la morte «misteriosa» di Giovanni Paolo I e il romanzesco attentato al suo successore, Karol Wojtyla; fu nel 1981, oltre trent’anni fa: troppi, perché la fantasia collettiva non si ecciti immaginandone un altro.
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