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Usano i social come fossero un diario privato, pubblicano foto di sbornie collettive, commenti da stadio con tanto di imprecazioni. Ci tengono a mostrare scollature un po' troppo generose e non hanno veli, su niente.

On line i millenials sono sciolti, pure troppo. Ora però, dopo dieci anni di bacheche goliardiche e oltremodo discinte, gli ex adolescenti sono nella fase in cui cercano lavoro. Qui cominciano i guai. Altro che curriculum d'oro, altro che colloqui. La prima verifica che un datore di lavoro fa è proprio su Facebook. E basta una foto eccessiva o un commento a sfondo razzista per mandare all'aria tutto. Anche se il candidato conosce tre lingue e ha due lauree più specializzazione. «Le agenzie interinali e le banche - spiega Andrea Baggio, ad di IRecovery - hanno un addetto dedicato a controllare i social e analizzare i profili. E spesso i giovani non capiscono i motivi per cui sono stati scartati pur avendo tutte le caratteristiche richieste. Per questo da sette mesi ci stiamo occupando di ripulire i profili dei ragazzi prima che vadano a cercare lavoro. Finora abbiamo affrontato una quarantina di casi ma le richieste sono in aumento. Al momento la web reputation non è ancora considerata un problema, ma lo diventerà sicuramente. Noi stimiamo che se ne prenderà consapevolezza entro il 2030». Della stessa idea anche la Clean Agency: «L'ondata di richieste di pulizia della propria immagine su web comincerà già tra un paio di anni - conferma Pietro Mencone - quando i giovani dei selfie disinibiti affronteranno i primo colloqui. Noi, che già seguiamo parecchi casi di bullismo, ci stiamo preparando a questo passaggio».

Se i giovani non se ne rendono ancora conto, tanti genitori si sono già posti il problema: sono i padri preoccupati per le figlie i primi a chiedere il servizio di «pulizia», per cancellare le tracce di quelle immagini scanzonate che a 16 anni non sembrano nulla di grave, ma risultano scomode quando scatta l'età adulta.

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