Allarme a Falluja, c’è un... turista italiano

«Scusa, non posso parlarti al cellulare son qui “ospite” di alcune persone... devo parlare solo con loro». Par di vederlo il Luca, con il telefono in mano e i gendarmi dell’aeroporto di Bagdad a squadrarselo da testa a piedi. È il primo turista, o presunto tale, dalla caduta di Saddam e loro lo devono espellere, rispedire a casa. Certo c’è da ringraziare il cielo che a fermare il 34enne Luca Marchiò alle porte di Falluja venerdì mattina sia stata la polizia e non un emulo di Abu Musab Al Zarqawi, il defunto capo di Al Qaida padre di tutti i decapitatori iracheni.
Quando, venerdì mattina, arriva la prima telefonata all’ambasciata di Bagdad, il consigliere Renato Porcia fa un vero salto. Dall’altra parte della cornetta un funzionario della polizia irachena ripete la storia di quell’italiano fermato alle porte di Falluja che - ricorda Porcia - «racconta di essere un turista e di voler visitare la città». Falluja fino al novembre 2004 è stata la roccaforte dei terroristi di Al Qaida, il mattatoio dove venivano decapitati, torturati o tenuti prigionieri gli ostaggi stranieri. E anche oggi, cinque anni dopo la «pulizia» dei marines americani, non è certo un luogo di vacanze.
Luca Marchiò da Como, giramondo per passione, iscritto dal febbraio 2003 all’albo dei pubblicisti della Lombardia, sembra non curarsene. Il suo viaggio lo prova. «È entrato dalla Turchia con un permesso turistico di dieci giorni – racconta il funzionario dell’ambasciata –, ha girato il nord dell’Irak ed è sceso in taxi fin qui a Bagdad». Anche nella capitale non manca di stupire. Quando entra al Coral Palace Hotel, Bashar Yacouba - responsabile della reception - lo squadra come un animale in estinzione. «Non vedevo un turista occidentale dal 2003... quando mi ha detto che voleva vedere il Tigri e lo zoo ho pensato ad un matto. Ma c’è andato ed è tornato vivo... così quando mi ha chiesto dov’era il bus di Falluja gli ho mostrato la fermata». La mattina dopo l’inarrestabile Luca arriva al posto di blocco all’entrata della città e conclude la sua avventura di turista fai da te. Lì i preoccupatissimi poliziotti iracheni lo prendono, lo mettono al sicuro in una caserma, chiamano l’ambasciata e 24 ore dopo lo rispediscono a Bagdad. Sabato mattina infine arriva l’ordine di metterlo sul primo volo per la Giordania. «Hanno dovuto espellerlo perché era privo di visto - spiega Porcia - aveva un semplice permesso d’entrata valido per le regioni del Kurdistan, ma non per il resto del Paese». Così questa mattina il giramondo Luca riprende a viaggiare, ma questa volta in direzione dell’Italia.
Gli ultimi a preoccuparsi sono i genitori.

«Non ci aveva detto nulla, ma ci siamo abituati, gira da tanti anni – racconta al telefono da Como il padre Daniele Marchiò –: è andato in jeep in Giappone, è riuscito ad entrare in Corea del Nord e una volta in Birmania ha perfino fatto visita ad Aung San Suu Kyi, il Premio Nobel, quella signora che sta da venti anni agli arresti domiciliari».

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