Allettante Poi però i figli chi li tiene?

A scuola in ottobre? Ma siamo matti? La mia generazione, insieme a tante altre, aveva proprio quella data fatidica e immutabile: il mitico 1° ottobre, tutti in grembiule, cartella, mamma e via. Poi, il buon senso didattico prevalse: a scuola si va per studiare, e più si studia meglio è. È chiaro che si studia di più, quanti più giorni di scuola ci sono. Ora, nella proposta appena abbozzata, vedo che non si parla affatto di compensare riducendo le vacanze pasqualine e nataline, per non dire di quelle estive. Figurarsi. La proposta, infatti, non ha origine dal bene degli studi e degli studenti, bensì tiene conto soprattutto (o esclusivamente) dell’economia: meno scuola, più turismo, più denaro in circolazione. Nessuno nega che il turismo sia importante. Né tanto meno che abbiamo bisogno di fare cassa. Però, proprio a danno dello studio? O non si dice tutti i giorni che la formazione delle nuove generazioni è la speranza – e sarà la salvezza – del Paese? Che la scuola deve essere resa migliore, più formativa (quindi anche più dura), più articolata nello sterminato campo dello scibile? Invece no. Ecco che, all’improvviso, si baratta tutto ciò per un po’ di denaro, per la gioia (rispettabilissima) di albergatori, ristoratori, cincischiatori. Se è così, la previsione è facile: nei prossimi decenni avremo meno studenti, meno studiosi, e molti più albergatori, ristoratori e cincischiatori. Ubi maior.
Quanto allo sdegno didattico, politico e sociale posso fermarmi qui, anche se ci sarebbero molte altre tristi considerazioni da aggiungere. Passo piuttosto a un’altra considerazione, che sembra terra-terra e invece è alta-alta. Cosa sarà di quei genitori – e di quei bambini/ragazzi – che non possono permettersi né vacanze trimestrali né costosi accudimenti mercenari? Purtroppo la scuola è anche un comodo, quasi sicuro posteggio di minorenni per le famiglie, di gran lunga le più numerose, in cui i genitori lavorano. Avere la garanzia che il figlio va a scuola - nei casi peggiori fino alle 13, nei migliori fino alle 16 - significa poter lavorare (e guadagnare, produrre denaro) in pace, serenamente, per il bene della famiglia e di tutta la società. È brutto vedere la scuola anche da questa prospettiva, ma tale è la realtà. Che facciamo, per spalmare e dilatare il turismo spalmiamo i figli fra baby sitter (non sempre affidabili e spesso costosissime), nonne spesso troppo giovani o troppo vecchie, zie indisponibili? Oppure lasciamo che le-speranze-del-nostro-futuro dilatino i loro occhioni fino alla demenza precoce davanti a un televisore divenuto di colpo mamma, padre, scuola, società e istruzione? Oppure: per creare più ricchezza, quante mamme saranno costrette a lasciare o a ridurre il lavoro, quanti padri si negheranno agli straordinari e al secondo lavoretto che aggiusta i bilanci? Dove sta l’arricchimento? Nel creare nuovi posti di lavoro (a chi non ha figli) grazie a quelli lasciati liberi da chi ha figli? Già non abbiamo una politica efficace di sostegno alle famiglie. Ora si rischia di punirle al motto «se fanno bambini e non se li possono permettere, si arrangino».
Mi sembra come la storia del tipo che, per fare dispetto alla moglie, si tagliò qualcosa.

Eppure sono uno di quelli così fortunati che forse potrebbero – e ne sarei felice - passare tutto settembre guancia a guancia con il mio Nicola Giordano. Invece: che vada a scuola, il pupetto. Magari il 1° settembre. (Ti accompagna il babbo, ciccillo mio, e poi torna a lavorare.)
www.giordanobrunoguerri.it

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