Un altro ambulante si dà fuoco in Tunisia

Continua la “rivolta del pane” in Algeria e Tunisia, esplosa ormai diversi giorni fa e costata fin qui, soprattutto in Algeria, alcuni morti tra i dimostranti e centinaia di feriti da entrambe le parti.
La situazione rimane molto tesa in tutti e due i Paesi. In Tunisia si sono registrati alcuni feriti in centri minori lontano dalla capitale, ma l’episodio più drammatico è avvenuto a Sidi Bouzid dove nei giorni scorsi erano scoppiati violenti scontri a seguito del suicidio di un giovane ambulante, divenuto poi il simbolo della rivolta: ieri un altro venditore di frutta e verdura, un uomo di 50 anni padre di famiglia, si è dato fuoco in pubblico per disperata protesta ed è ora in fin di vita. In Algeria ieri gli scontri più violenti sono scoppiati nella Cabilia, regione interna dove è forte la minoranza berbera, ma anche nella grande città portuale di Annaba nell’est del Paese (dove sono state arrestate una cinquantina di persone) e ancora a Orano, seconda città dell’Algeria, e nei vasti quartieri popolari della capitale. Il ministero dell’Interno ha reso noto che in questi giorni di scontri di piazza ci sono stati in tutto tre morti tra i manifestanti e circa 400 feriti, più della metà dei quali tra le forze di polizia. Impressiona la diffusione capillare della protesta, che secondo i dati del governo avrebbe interessato 180 diverse località.
Sembra improbabile che i governi algerino e tunisino possano tenere sotto controllo la situazione facendo solo ricorso alla forza. E se risolvere la questione della dilagante disoccupazione appare un compito da far tremare i polsi (e che fin qui non è oltretutto stato praticamente neppure affrontato) qualcosa potrà e dovrà invece esser fatto per quanto riguarda i prezzi dei generi alimentari. Il rialzo fino al 30 per cento del pane, dell’olio e dello zucchero appare infatti attribuibile almeno in parte a speculazione: ieri sera il governo algerino ha annunciato misure fiscali che permetteranno di far scendere i prezzi dei beni alimentari di prima necessità anche del 40 per cento.
Un primo tentativo di reagire è stato annunciato ieri anche dal governo tunisino, che ha promesso sostanziosi provvedimenti anche economici.

Anche l’iniziativa privata cerca di mobilitarsi: l’Unione Tunisina dell’Industria, Commercio e dell’Artigianato ha invitato i suoi associati ad accelerare la creazione di nuovi posti di lavoro e a reclutare diplomati degli studi superiori per farne almeno il quattro per cento del loro personale, «dando la priorità ai disoccupati da molto tempo ed ai giovani di famiglie bisognose».

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