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Ancelotti: "Coppa Italia? Un fastidio"

Il Milan festeggia l’eliminazione. Altri schierano le riserve. O si cambia o resta una soluzione: non disputarla. VOTA IL SONDAGGIO

Ancelotti: "Coppa Italia? Un fastidio"

La solita coppa, la solita storia. Si arriva a gennaio e si scopre che il pallone ha una palla al piede: una coppa Italia che interessa sempre meno, che dà fastidio alle grandi e non riesce a consolare le piccole, perchè comunque, gira e rigira, finisce sempre nelle solite bacheche. Si scopre addirittura che un allenatore come Carlo Ancelotti, stritolato tra un calendario zeppo di recuperi post-mondiali e la necessità di risalire la corrente in campionato, ammette candidamente che «andare avanti sarebbe stato un fastidio». Come dire: meno male che il Catania ci ha levato questo peso inutile; che siano gli altri, adesso, a sprecare i mercoledì per questa coppetta che non ti porta da nessuna parte.

Peccato. Peccato veramente che questa manifestazione sia finita così, snobbata dalle società (anche chi sta andando avanti nel tabellone la utilizza come se fosse il campionato riserve: l’Inter ieri sera si è affidata ai vari Alfonso e Fatic, Pelè, Bolzoni e Balotelli...), spalmata su tutti i giorni della settimana sperando di renderla appetibile al pubblico televisivo (La7 ha fatto un ottimo share per la rete - intorno al 7% -, ma pur trasmettendo Juve e Roma non è andata oltre i 2 milioni di telespettatori) e inevitabilmente snobbata dal pubblico: 3mila spettatori a Firenze, 4mila a Genova, 5mila a Torino, con l’eccezione di Roma e Catania. Ma scegliendo di giocare in notturna in pieno inverno...

Una coppa che riesce a motivare la Juventus, che quest’anno non ha traguardi europei, che scalda un po’ la Roma detentrice del trofeo, ma che sicuramente non trasmette fascino al popolo del pallone come avviene in altre nazioni. D’altra parte la stessa Lega ha avuto i suoi grattacapi a metterla in calendario: l’andata degli ottavi di finale è stata sparpagliata tra il 6 e il 20 dicembre e la gente ogni tanto scopriva che si giocava una partita... Per la serie: come affascinare il pubblico all’evento. E negli scorsi anni è successo ben di peggio: nel 2004 la finale di andata (Lazio-Juventus) venne giocata il 17 marzo, quella di ritorno due mesi dopo, il 12 maggio. Probabilmente non si ricordavano nemmeno più chi era l’avversario da affrontare.

Quest’anno, però, per ridare nobiltà alla manifestazione, la lega ha deciso che si tornerà alla finale unica a Roma e che la coppa verrà consegnata ai vincitori direttamente dal presidente della Repubblica, come avveniva fino a trent’anni fa. Idea brillante, perché almeno all’ultimo atto si assisterà ad una partita un po’ più avvincente. Anche se non sappiamo se basterà la presenza di Napolitano a ridare fascino a tutta la coppetta.

Peccato, perché basta guardare in casa degli altri per capire che la coppa nazionale ha ancora un suo valore. Non vogliamo scomodare gli inglesi, per i quali la coppa ha avuto per anni addirittura un peso superiore al campionato e il fascino della finalissima di Wembley, con o senza regina, rimane unico. Ma basta guardare gli spagnoli che hanno messo in onda in queste sere la coppa del Re con ben altro interesse e ben altro fascino.

Eppure, bastava poco per rivitalizzare questa coppetta, bastava seguire il suggerimento di Michel Platini che avrebbe voluto assegnare un posto in Champions proprio ai vincitori della coppa nazionale. E a quel punto persino l’Ancelotti di questi giorni non avrebbe sentito più fastidio a giocare a Catania. Ma la maggior parte delle federazioni europee non ne ha voluto sapere e allora ci teniamo questa povera coppa Italia che al massimo qualifica per la coppa Uefa, un altro monumento ormai svuotato di qualsiasi significato. Tanto che qualche presidente (Spinelli per non far nomi) invocava persino la rapida eliminazione del suo Livorno.

E allora non resta che una soluzione: aboliamole. È stato fatto per la coppa delle Coppe, si può fare anche per la coppa Uefa e la coppa Italia. Il calcio andrà avanti lo stesso.

Con molti «fastidi» in meno.

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