Aria di ripresa, ma le Borse aspettano la Fed

Gli analisti concordi: dopo la correzione, le quotazioni dei titoli azionari sono tornate su livelli corretti

da Milano

L’occhio è puntato a giovedì prossimo, il 29 giugno, giorno in cui la Federal reserve americana metterà mano ai tassi, imprimendo il diciassettesimo rialzo consecutivo di un quarto di punto. L’incremento dovrebbe essere dello 0,25%, portando il livello di saggio al 5,25%; ma alcune correnti di pensiero si spingono a immaginare un rialzo di mezzo punto, che darebbe una correzione più accentuata verso i timori d’inflazione. Solo dopo questa mossa si potrà capire se le borse mondiali, che nell’ultima settimana hanno recuperato quello che avevano perso nelle ultime sette, bruciando tutti i guadagni da inizio anno, abbiano infilato la strada dell’inversione di tendenza. Analisti, gestori, operatori e risparmiatori s’interrogano. E prevale un atteggiamento fiducioso. «I minimi si sono già visti» osserva Giulio Baresani Varini, direttore investimenti di Novagest Sim: «Il mercato è “a buon mercato”, e le azioni, a breve, daranno maggiori soddifazioni delle obbligazioni, con una progressione man mano più positiva». Concorda Mario Spreafico, direttore investimenti di Citigroup Italia: «Le aziende stanno andando bene, dopo un 2005 eccezionale. Sarà importante vedere i dati del secondo trimestre, che saranno divulgati a partire dall’inizio di luglio. Si capirà se è in atto un sano consolidamento».
Le Borse mondiali - ma soprattutto quelle europee - nell’ultima settimana hanno registrato un aumento deciso (per i singoli dati rinviamo alla tabella qui a fianco). Tuttavia, Baresani Varini richiama la «logica classica»: quella secondo cui aumenta il peso azionario in autunno, nell’attesa dei rialzi di fine anno, mentre «tra maggio e settembre raramente si guadagna». Sia il rappresentante di Novagest che quello di Citygroup concordano comunque sulla mutata volatilità dei mercati, di qua e di là dell’Atlantico: «C’è più stabilità, più tranquillità, anche la grande debolezza del dollaro è rientrata». Spreafico rafforza il concetto: «È cambiato il mercato, è più sano, in questi anni è cresciuto nonostante la concorrenza dell’obbligazionario e delle materie prime. Le azioni sono quasi una nuova classe d’investimento».
La correzione degli ultimi due mesi, che è stata violenta, ha ridimensionato molti multipli, rendendo evidenti nuove convenienze d’acquisto. «Le Borsa europee - sottolinea Baresani - oggi capitalizzano 13 volte gli utili: erano arrivate anche a 30 volte. Se prendiamo i titoli dell’indice S&P Mib 40, le quaranta blue chip di Piazza Affari, il rendimento dei dividendi si attesta al 4,20%, contro un rendimento del Btp decennale del 4,25%. L’investitore può muoversi su un terreno di parità e chiedersi: presto i miei soldi per dieci anni allo Stato oppure li impiego in azioni?». La risposta è implicita. Pur prevedendo che ci possano essere alti e bassi, o qualche scossone, molte azioni sono interessanti, soprattutto incrociando il valore «percepito» con l’utile previsto: colossi come l’Eni, l’Enel, Telecom, Generali, Unicredit, quotano tra le 8 e le 14 volte i profitti. In altre parole, il rendimento atteso è elevato. Si assiste a una sorta di contraddizione.

Osserva Baresani: «Se il panorama macroeconomico registra temi preoccupanti, che vanno dall’andamento dei tassi al costo del petrolio e delle materie prime, ai focolai d’inflazione, l’orizzonte microeconomico è costellato di aziende che vanno bene e che macinano utili». Conclude Spreafico: «I tassi sono alla fine di un ciclo: a breve si fermeranno, lo ha dichiarato anche la Fed. Il mercato ne è consapevole e ne saprà trarre soltanto conseguenze positive».

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