Arriva la carta d'identità per gli agnellini «made in Sardegna»

I tarocchi ormai non risparmiano nessun campo, e soprattutto in periodo natalizio, anche il settore alimentare deve fare i conti con le imitazioni: le cronache recenti parlano di pangasio del Mekong venduto come cernia, e polpo del Vietnam spacciato per nostrano, finto extravergine italiano, e mozzarelle taroccate ottenute da latte in polvere. La contraffazione alimentare è così massiccia che Coldiretti, nei giorni scorsi, ha lanciato l'allarme: il giro d'affari dei falsari è pericolosamente in aumento, ed è stimato in 1,1 miliardi di euro solo in Italia, dove i rischi aumentano proprio nei periodi di festa.
La Regione Sardegna ha deciso di dare un duro colpo all'industria delle imitazioni applicata agli alimenti, proteggendo sistematicamente i propri prodotti tipici. A cominciare dall'agnello sardo che, al pari degli altri «oggetti di marca», teme imitazioni e patacche. In effetti proprio come accade per le borse, le scarpe e i prodotti italiani più prestigiosi, negli ultimi anni si sono affacciate sul mercato numerose «imitazioni» dell'agnello «made in Sardegna», tanto che l'assessorato all'Agricoltura ha deciso che tutti gli animali dell'isola avranno presto una carta d'identità. Un documento garantirà la tracciabilità elettronica degli animali e li proteggerà dalle contraffazioni. Il progetto pilota inizierà con una verifica sul campo che coinvolgerà l'intera filiera, e che porterà all'identificazione della totalità o quasi degli agnelli sardi. L'agnello di Sardegna teme i tarocchi a causa dell'elevata qualità delle sue carni: rispetto al suo cugino continentale, ha dimensioni più piccole e viene allevato allo stato brado nell'intera regione, anche nelle zone più selvagge. Gli animali hanno una consistenza particolarmente tenera e, grazie ai pascoli incontaminati di un territorio vastissimo e quasi totalmente libero da inquinamento, nascono, crescono, e si nutrono in un habitat che garantisce un'elevata qualità del prodotto. Ad assicurare la bontà delle carni sarde, c'è anche il fatto che la pastorizia è una tradizione radicata nella storia dell'isola e che per anni è stata il motore della sua economia. Basti pensare che le prime testimonianze dell'allevamento risalgono al 3000 a.C. e che, all'interno di alcuni nuraghi, sono stati ritrovati resti ossei di pecore e agnelli e i primi oggetti per la lavorazione del latte.
Oggi sono circa 13mila gli allevamenti di ovini e caprini in Sardegna che forniscono latte e carne particolarmente ricercata e oggetto di «imitazione». Le patacche sul mercato provengono dall'estero, soprattutto nel periodo natalizio e a Pasqua. Si tratta di agnelli che vengono spacciati come sardi, quando in realtà arrivano nell'isola solo per essere macellati e venduti dopo essere stati allevati fuori dall'Italia, specialmente in Est Europa. E i «tarocchi» sono moltissimi: nei periodi precedenti alle festività, gli agnelli venduti come sardi in campo nazionale sono 5 milioni, mentre quelli realmente prodotti nell'isola sono solo 1,5 milioni. Non che si tratti necessariamente di carni adulterate, ma per l'assessore all'Agricotura Oscar Cherchi bisogna fare chiarezza: i consumatori devono essere correttamente informati della provenienza e dei metodi di allevamento, prima di scegliere cosa inserire nei propri menù.
L'obiettivo dunque è arrivare alla stipula della convenzione con i vari attori della filiera all'inizio di questo nuovo anno. Per proteggere l'agnello dalle «falsificazioni», nel 2001 è nato il Consorzio di Tutela Igp (Indicazione geografica protetta), che ha il compito di tutelare, promuovere, e far conoscere al consumatore l'origine della carne presente sul mercato, dai banchi della grande distribuzione fino alle macellerie. Non senza difficoltà, il consorzio è riuscito in questi anni a vincere l'iniziale diffidenza di un numero sempre maggiore di allevatori: ad oggi sono solo 3mila su circa 13mila, ma con un significativo aumento delle richieste di adesione nell'ultimo biennio. La conferma viene dai numeri: nel 2010 i capi certificati Igp erano 68mila, un anno dopo sono raddoppiati, passando a 138mila. Un numero già consistente, considerando che finora solo 16 macelli su 27 si erano resi disponibili per certificare la provenienza delle carni. Da quest'anno, però, tutte le imprese di macellazione si sono rese disponibili per trattare l'agnello Igp, e questo fa sperare di poter certificare, entro qualche anno, tutti gli agnelli sardi.

La presenza del marchio garantisce la provenienza da allevamenti che adottano il disciplinare di produzione, che mette in chiaro le regole a cui si devono attenere agli allevatori: prima di tutto gli agnelli devono essere nati nell'isola da pecore di razza sarda, e poi devono essere allevati in libertà, alimentati con latte materno e con gli elementi naturali dei pascoli sardi e macellati nella regione. Al bando manipolazioni, sofisticazioni, e forzature alimentari.

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