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La sinistra e gli intellettuali accusano il governo, non il killer

Non c'è stato neanche il tempo di metabolizzare il tragico omicidio di Giulia Cecchettin che subito la notizia è stata strumentalizzata e politicizzata mettendo sul banco degli imputati tutti gli uomini in quanto tali e il mondo della destra

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Non c'è stato neanche il tempo di metabolizzare il tragico omicidio di Giulia Cecchettin che subito la notizia è stata strumentalizzata e politicizzata mettendo sul banco degli imputati tutti gli uomini in quanto tali e il mondo della destra. In un profluvio di dichiarazioni, tweet e articoli, politici e commentatori progressisti hanno offerto una chiave di lettura surreale sull'uccisione di Giulia Cecchettin.

Dal «patriarcato tossico» al «maschio bianco» al teorema che «tutti gli uomini sono colpevoli» fino a puntare il dito contro la «nostra educazione sessista, patriarcale, misogina, possessiva», le ultime ore sono state caratterizzate da un crescendo di generalizzazioni controproducenti.

Capofila è il segretario del Pd Elly Schlein che ha puntato il dito contro il «genere maschile» sostenendo che «serve consapevolezza per sradicare la cultura patriarcale di cui è imbevuta la nostra società».

Secondo Monica Cirinnà l'«educazione al rispetto e all'affettività erano nella nostra legge Zan affossata in Senato dalla destra. Ora tutti costoro devono tacere e sentirsi in colpa. Nel nome di Giulia Cecchettin basta lacrime di coccodrillo: ci ripensate?». Il suo teorema è che, non essendo passato il Ddl Zan, la destra dovrebbe sentirsi in colpa per l'omicidio di Giulia Cecchettin.

Laura Boldrini non perde invece l'occasione per attaccare il governo scrivendo «un'altra donna uccisa mentre chi potrebbe e dovrebbe si rifiuta di investire in prevenzione, mentre nella maggioranza c'è chi definisce l'educazione sessuale e all'affettività una porcheria'» mentre per Nicola Fratoianni «occorre liberare gli uomini dalla gabbia culturale machista».

Se la sinistra politica se la prende con gli uomini e la destra, non va meglio nel mondo giornalistico con Michele Serra che firma un articolo emblematico già dal titolo «La malattia del maschio» in cui sostiene che «per molti maschi essere maschi è una malattia».

La colpevolizzazione dell'uomo in quanto tale è condivisa anche da Piero Pelù «mi vergogno di essere uomo. Siamo tutti da rifare» mentre l'attore Massimiliano Loizzi scrive «quando smetterete di insegnare ai bambini che ci sono giochi da maschi, che i maschi sono forti per natura».

L'influencer Carlotta Vagnoli se la prende con Matteo Salvini sostenendo che Lega «a maggio ha votato contrariamente alla ratificazione della convenzione di Istanbul (insieme a FdI, che però ha scelto l'astensione» e aggiunge «nel caso voleste altri motivi per comprendere quanto il femminicidio sia un omicidio di Stato» senza ricordare che il voto nasce per il pericolo della diffusione delle teorie gender.

Così, tra gli influencer liberal, si diffonde la tendenza del «yes, all men», «una presa di coscienza collettiva, mai ascoltata prima, per gridare: Yes, all men. Sì, tutti i maschi» poiché «siamo tutti parte di una violenza sistemica e strisciante».

Eppure, come scrive il capogruppo dei senatori di Fratelli d'Italia Lucio Malan, «da sinistra non mancano le accuse, più o meno ambigue, al Governo, colpevole di sostenere il patriarcato', la mascolinità tossica' e altro, fingendo di dimenticare che questo è il primo governo guidato da una donna». Malan, riportando i dati del sito femminicidioitalia.

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