BEATRICE, ADDIO A UN ANGELO

BEATRICE, ADDIO A UN ANGELO

Raramente invidiamo qualcosa agli altri giornali. Praticamente mai. Su queste pagine ci sono tutte le notizie che danno gli altri. Quelle importanti, intendo. Non quelle smentite o contraddette il giorno dopo. E, soprattutto, ci sono tutte le notizie che gli altri non danno.
Ma l’altro giorno ho «invidiato» veramente Il Messaggero, il quotidiano romano che ha ospitato la lettera aperta al sindaco Walter Veltroni inviata dal papà di Beatrice, una bambina genovese innamorata di Roma. Beatrice è morta per una grave malattia in luglio, dopo aver coronato il sogno della sua vita: in maggio, con la sua bellissima famiglia, è stata nella Capitale. E, finalmente, ha visto i luoghi dei suoi sogni: quei Parioli dove faceva vivere la sua Barbie e quelle zone testaccine e trasteverine dove abitavano le amiche di Barbie. E poi il Colosseo e i Fori, Cinecittà e il Cupolone. E poi la gentilezza dei custodi e la cordialità degli austisti Atac, una città che si stringe attorno a una bambina malata, senza sapere che è malata, regalandole sorrisi e gioie e lasciando ai suoi genitori «un ricordo felice in più al quale appoggiarsi nei momenti tristi».
Confesso che io, che pure sono innamorato ogni giorno di più di Genova - dopo aver vissuto per più di dieci anni a Roma - quando ho letto la lettera del papà di Beatrice, mi ci sono rivisto dentro. E la scelta di riprenderla su queste pagine è stata immediata. Perchè quella lettera era probabilmente dettata dal cielo, baciata dalla grazia e dall’amore, lontani anni luce dalle miserie e dagli sciacallaggi giornalistici di ogni giorno.
Quando l’ho letta, mi sono lasciato andare a un pianto dirotto, ma non disperato. Un pianto pieno di speranza. E non solo perchè sono papà anch’io. E non sono perchè siamo a Natale e tutti dicono di sentirsi più buoni, come se i sentimenti fossero una questione di calendario. Ho pianto perchè era da mesi e mesi che non leggevo niente di tanto bello, di tanto sentito, di tanto nobile, di tanto scevro dalla retorica. E, proprio per questo, ieri sono stato felice di dirlo a Ivano, il papà di Beatrice, che ha scritto materialmente quella lettera.
Avrei voluto abbracciarlo.

Avrei voluto dirgli che tutti voi, tutta la famiglia del Giornale di Genova e della Liguria, siamo vicini a lui e alla signora. Che, dall’altro giorno, nei nostri pensieri e, per chi crede, nelle nostre preghiere, c’è sempre uno spazio per Beatrice.

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