Benvenuti nella civiltà di Eurabia

Massimo Introvigne

Nel momento in cui risuonano all’orizzonte sordi rumori di guerra mondiale e il primo ministro iraniano Ahmadinejad inneggia ancora una volta allo sterminio di Israele e insulta l’Occidente, il governo italiano vota un provvedimento che ci trasformerà in pochi anni in un Paese molto simile alla Francia, con almeno un milione di cittadini, forse molti di più, provenienti da famiglie immigrate e di religione musulmana. Non si tratta di una misura isolata: s’inserisce in un disegno coerente che prevede una grande sanatoria per i clandestini, un corposo aumento delle quote di coloro che potranno entrare legalmente in Italia, e perfino aiuti economici e buoni bebé per gli immigrati. Non è affatto una strategia «europea» ma «francese»: in Germania, per esempio, è ben più difficile per i «lavoratori ospiti» diventare cittadini, e il «buono bebé» era stato inventato – tra l’altro, da socialisti – per indurre le mamme tedesche a fare più figli in modo che ci fosse bisogno di meno immigrati, cui nessuno pensava di estendere gli aiuti per i nascituri.
Certo, alcune norme sulla cittadinanza avevano bisogno di aggiustamenti. Si poteva pensare a corsie privilegiate per categorie di immigrati che rispondessero a determinati requisiti quanto all’inserimento del mondo del lavoro, alla fedina penale immacolata e alla conoscenza della lingua e dei rudimenti del diritto italiano. Queste facilitazioni avrebbero dovuto essere compensate da una politica dell’immigrazione rigorosa con i clandestini e attenta a che il numero di immigrati non superasse le soglie che altrove, in Inghilterra e in Francia, hanno facilitato infiltrazioni criminali e terroriste fino a episodi di vera e propria guerriglia urbana. Ma quello che ci propone il governo Prodi è tutt’altro: non è esagerato dire che è un modo organizzato di far finire una civiltà sostituendola con qualche cosa di diverso.
Non c’è nessuna garanzia che le civiltà durino per sempre. La civiltà dell’antica Roma non fu sconfitta militarmente, ma dal declino demografico e dalla concessione indiscriminata della cittadinanza a «barbari» che tutto ignoravano delle tradizioni romane. Non c’è bisogno di citare quei fondamentalisti islamici per cui «ride bene chi ride ultimo», e l’invasione musulmana fermata per via militare a Poitiers, a Lepanto e a Vienna riuscirà nel XXI secolo per via di immigrazione, per rendersi conto che la civiltà europea rischia di fare la fine di quella romana. Nel giro di un paio di decenni, per esempio, la maggioranza degli studenti medi in Olanda sarà costituita da musulmani. Vent’anni dopo, si tratterà della maggioranza degli adulti in età lavorativa. Con leggi sulla cittadinanza all’italiana, sarebbero anche la maggioranza degli elettori.
Naturalmente, c’è chi sostiene che questa «Eurabia» (l’espressione è stata resa popolare da Oriana Fallaci, ma l’ha coniata lo storico britannico Niall Ferguson) sarà bellissima, e che comunque esiste già in Francia, dove la spina dorsale della nazionale di calcio che abbiamo battuto a Berlino aveva nomi come Zidane e Malouda anziché Cannavaro o Grosso. Ma nel 2005 la rivolta delle periferie parigine ha mandato in frantumi ogni bel sogno di utopia multireligiosa concorde e felice. Il parto dell’Eurabia non sarà indolore. Un’Italia con un numero di cittadini e di elettori a forte componente musulmana costituirebbe, molto semplicemente, una civiltà diversa rispetto a quella che oggi conosciamo.

Occorre che gli italiani, fin da ora, se ne rendano conto.

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