Bertinotti all’Unione: licenziamo la legge Biagi

Bertinotti all’Unione: licenziamo la legge Biagi

Gian Maria De Francesco

da Roma

«Il programma dell’Unione è molto chiaro: Montezemolo dice che deve rimanere inalterata, ma noi invece la cambieremo perché c’è scritto che si supererà la Legge 30». Il segretario di Rifondazione comunista, Fausto Bertinotti, ieri ha ribadito il proprio punto di vista sulla riforma ideata da Marco Biagi: meno spazio agli atipici e totale apertura alle forme tradizionali dei rapporti di lavoro dipendente.
«Lavoreremo - ha aggiunto Bertinotti - per ricostruire la centralità del contratto a tempo indeterminato, faremo costare i contratti atipici almeno quanto i contratti tipici, cancelleremo alcune fattispecie della Legge 30 che più espongono al rischio di precarietà. È il programma che dice delle cose chiare». Gli ha fatto eco ancor più duramente Pino Sgobio del Pdci: «La legge 30 va eliminata e sostituita da una normativa utile a garantire una concreta stabilità lavorativa». Un fermo diniego, quindi, alla proposta avanzata martedì scorso dal presidente di Confindustria. «La Legge Biagi non dovrà essere toccata dal prossimo governo», aveva detto Montezemolo lanciando un segnale forte ai due schieramenti politici e soprattutto alla base dell’associazione degli imprenditori, più che soddisfatta della riforma approvata tre anni fa dal governo Berlusconi.
L’intervento del leader di Rifondazione, invece, ha sparigliato le carte riaprendo un confronto tra l’ala sinistra e la parte moderata dell’Unione (Ds inclusi), più propensa a integrare la Legge Biagi con una riforma degli ammortizzatori sociali. Obiettivo: rendere meno appetibile il ricorso al lavoro atipico con l’innalzamento dei contributi previdenziali, finalizzato a finanziare il taglio di cinque punti del cuneo fiscale promesso da Prodi in campagna elettorale. Lo stesso presidente della Quercia, Massimo D’Alema, ieri si è schierato per una parziale modifica. «Io penso - ha detto - che la Legge Biagi vada corretta nel senso indicato dal programma dell’Unione. Questo non significa eliminare la flessibilità dal lavoro, ma ridurre il numero di tipologie previste dalla legge».
Sia Bertinotti che D’Alema si sono richiamati allo spirito del volume di 281 pagine di propositi dell’Unione per il governo. Il progetto si fonda su tre basi enucleate da pagina 161 a pagina 162: credito d’imposta per le assunzioni a tempo indeterminato, contenimento del lavoro flessibile con cancellazione delle forme precarizzanti e revisione delle normative sul lavoro interinale. Tutte e tre le azioni, de facto, scardinerebbero l’impianto della Legge Biagi ed è a quest’obiettivo che mirano tanto Rifondazione quanto i Comunisti italiani e la Cgil. I moderati dell’Unione, con Francesco Rutelli in testa, ritengono di poter giostrare sui tre punti accontentando di volta in volta industriali e parti sociali. E creando quel cortocircuito tra Confindustria e Cgil denunciato dal premier Berlusconi a Vicenza.
Le ambizioni nazional-popolari di Prodi, Fassino, Rutelli & C. sono, però, mal tollerate nei partiti della coalizione che si richiamano all’ideale marxiano. «Per regalare a Confindustria cinque punti di cuneo fiscale, Prodi, Margherita e maggioranza Ds rischiano nuovamente di regalare l’Italia a Berlusconi», ha tuonato ieri Marco Ferrando, leader della minoranza trotzkista del Prc rivendicando la necessità di un’«opposizione comunista» al futuro governo. Contestualmente anche la minoranza rifondarola di formazione cossuttiana capeggiata da Claudio Grassi non ha salutato con favore l’asse che Prodi ha cercato di costruire con Epifani e Montezemolo.

Che dire poi del Pdci di Diliberto, contrario agli ammiccamenti a Viale dell’Astronomia, e che qualche voto a Rifondazione può sempre sottrarlo? Bertinotti ha rischiato un doppio sorpasso, tanto a destra quanto a sinistra. Logico, quindi, il richiamo a tener fede al programma. Lecito dubitare che le mille anime dell’Unione, in caso di vittoria, si possano conciliare con una poltrona.

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