Milano - Eluana è morta da una settimana, il dibattito sul testamento biologico continua, dopo di lei. In parlamento e fuori, perché la fine di Eluana ha segnato uno spartiacque. A lei hanno sospeso alimentazione e idratazione. «La Cassazione le ha considerate atti medici, ma ha negato che siano accanimento» spiega Francesco D’Agostino, presidente onorario del Comitato nazionale di bioetica e professore di Filosofia del diritto all’Università di Roma Tor Vergata.
Alimentazione e idratazione possono essere considerate accanimento terapeutico?
«Una cosa è sicura: la sentenza della Cassazione ha escluso che, nella situazione di Eluana, fossero accanimento. Ha riconosciuto che siano atti medici, ma ha negato che siano accanimento».
È giusto?
«È giusto, perché l’accanimento terapeutico ha connotati precisi, che la bioetica ha messo a fuoco da tempo. Parliamo di accanimento in presenza di interventi futili, sproporzionati, privi di benefici terapeutici, oppure indebitamente sperimentali o particolarmente invasivi ed onerosi. Nessuna di queste caratteristiche si ritrova nel caso dei pazienti in stato vegetativo idratati e alimentati artificialmente».
Che cosa sono alimentazione e idratazione?
«Sono forme di sostegno vitale. Il problema però è se siano da ritenere anche atti medici o no».
Che cos'è un atto medico?
«È un atto che, in linea di principio può essere attivato soltanto da un medico e ha come finalità di operare terapeuticamente sul malato. Per esempio mettere un bimbo nato prematuro nell’incubatrice non è un atto medico, è solo un aiuto alla sopravvivenza: nessuno si sognerebbe di staccare la spina».
E l’alimentazione?
«La Cassazione l’ha classificata come atto medico, così come l’idratazione. Personalmente non sono d’accordo, ma questa è un’opinione che, ora, fa giurisprudenza. Però il parlamento può obbligare i medici a non sospenderle mai: solo con una nuova legge alimentare e idratare artificialmente i malati diventerebbero un dovere specifico dei medici».
Perché la Cassazione li ha considerati atti medici, ma non accanimento?
«Credo lo abbia fatto prestando troppa attenzione all’opinione di alcuni medici, non condivisa però da altri: in un caso come questo, molto controverso, i giudici avrebbero fatto meglio a propendere per la soluzione più garantista, quella che considera l’alimentazione una forma di sostegno vitale di base. Comunque, la Cassazione, considerandoli atti medici, ha ritenuto che possano essere legittimamente rifiutati dal paziente. E ha ritenuto che si dovesse accertare se questa fosse davvero la volontà di Eluana. Il cuore del problema è proprio questo: è possibile far rientrare il rifiuto dell’alimentazione fra i trattamenti previsti nelle dichiarazioni anticipate? È valida questa richiesta?»
Secondo lei è possibile rifiutarle?
«Credo che non debbano mai essere sospese, per due motivi. Primo: per l’immenso valore simbolico dell’alimentazione e dell’idratazione di un paziente in stato vegetativo. Secondo: perché la sospensione di questi trattamenti si accompagna di fatto a una sedazione di tipo eutanasico».
È una richiesta di eutanasia?
«In realtà sì. Perciò è inaccettabile. Se rifiuto una vaccinazione, mi ammalo e finisce lì. Ma se sono in stato vegetativo e rifiuto l’alimentazione, la mia morte sarebbe atroce e allora inevitabilmente mi succede quello che è successo a Eluana: vengo sottoposto a terapie palliative, per farmi morire senza sofferenze. Questa è chiaramente una “morte dolce”, cioè un’eutanasia. Il rifiuto di un atto medico si trasforma in una richiesta indiretta di eutanasia».
Si riferisce anche a Eluana?
«Eluana è stata sedata. Non possiamo sapere quanto ciò abbia sconvolto il suo equilibrio fisico e accelerato la sua morte. Il suo medico, Defanti aveva previsto che Eluana avrebbe avuto una morte dolcissima. Questo però poteva garantirlo solo una sedazione robusta».
Secondo lei alimentazione e idratazione non sono nemmeno atti medici?
«Personalmente ritengo di no, anche se oggi fa giurisprudenza la sentenza della Cassazione. Ma il Parlamento può prendere posizione su questo punto: riconoscere anche che sono atti medici, ma renderli obbligatori. Quindi la legge potrebbe dire ai medici: avete il dovere di alimentare idratare i pazienti in stato vegetativo».
È corretto secondo lei?
«Sì, sono d’accordo.
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