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Blair punta sull’Est per una nuova Europa

Londra conta sul sostegno dei dieci neo-membri. L’obiettivo del semestre: meno agricoltura e più ricerca. Addio Schröder, Tony aspetta la Merkel

Alessandro M. Caprettini

da Londra

«Un bilancio inadeguato per il XXI secolo. Lontano da quella profonda revisione che avevamo chiesto...», Tony Blair passa alla Camera dei Comuni e, senza difficoltà, incassa consensi per il suo stop al budget comunitario. Facile, quando i sondaggi danno il 71% dei britannici «pienamente d'accordo» con la linea del premier, specie quando fa presente che la crisi non è stata determinata «dall'incapacità di trovare l'accordo», quanto piuttosto dall'incapacità di certi leader europei «a trovare l'accordo coi propri concittadini sui temi che li preoccupano».
Ma il difficile viene adesso. Tra due giorni, proprio Blair dovrà ridiscendere a Bruxelles per presentare davanti all'europarlamento il suo piano d'azione per il semestre inglese che parte il 1° luglio. Da mettere in conto momenti «caldi» perché buona parte dei francesi e i tedeschi sostenitori di Schröder hanno gradito assai poco non tanto e non solo il no all'accordo sul bilancio, ma anche i giudizi pesantissimi che partono da fonti londinesi vicinissime a Downing Street. Sui giornali londinesi, tanto ieri che il giorno prima, si affermava infatti senza peli sulla lingua che Blair considera «ormai defunti» tanto l'inquilino dell'Eliseo che il cancelliere berlinese. Avrebbe confessato ai suoi intimi di guardare con ottimismo al subentro di Sarkozy in Francia e a quello di Angela Merkel in Germania. Creando il caos tra le file del Pse, il partito socialista europeo, in cui gli uomini di Schröder erano alleati proprio coi suoi laburisti.
Ma Blair non è attento alle ideologie. È un pragmatico, come quasi tutti i suoi. Tra i quali anche Jack Straw si è posto sulla stessa lunghezza d'onda, rilevando come forse «niente meglio di una grave crisi può risolversi in un momento catartico, finendo per creare nuove opportunità di crescita comune».
Ma proprio perché sostenitore del pragmatismo fino alle sue estreme conseguenze, Blair - che ha passato il week end al Chequers, cominciando a metter nero su bianco il suo programma per il semestre - ha capito che innanzitutto deve battere su due tasti. Il primo è rintuzzare l'accusa che lo vuole sostenitore ferreo della Ue-mercato contro la Ue-nazione, come fosse davvero il rottamatore dello Stato sociale. Ricorderà, come già si è saputo, di aver introdotto per primo il «salario minimo garantito» nel continente; di aver fatto una legislazione familiare di cui - oltre alle garanzie per le mdri - anche i padri possono usufruire; rammenterà l'introduzione in Gran Bretagna di tutta una serie di misure per le categorie più deboli; e non mancherà di mettere in rilievo come nell'isola la sanità sia gratuita in ogni senso per tutti.
Nessuna collusione col thatcherismo, insomma. Anche se, a suo modo di vedere, non si può replicare efficacemente alle sfide cinese e indiana a colpi di costose garanzie. «Non si tratta di scegliere tra Europa sociale o Europa mercato - ha insistito coi suoi - ma di studiare l'Europa che sarà. Sapendo che comunque la trasformazione non sarà a costo zero». Lui dice di aver da tempo individuato il nocciolo del problema: il grande esborso (47% del totale del budget) a favore di un settore, l'agricoltura, che fornisce solo il 5% del Pil europeo. E dunque, dicono a Downing Street, «patetico e tragico» non è la difesa dello scontro britannico come ha accusato Chirac, ma piuttosto la pretesa di questo e del cancelliere tedesco di andare avanti come se nulla fosse avvenuto.
Stessa analisi per la Carta Costituzionale: «Com'è possibile - si chiede Blair - far finta di nulla se due popoli hanno bocciato quell'ipotesi?». Ma a preoccuparlo di più, al momento, è il secondo tasto su cui dovrà battere con forza: l'importanza dell'ingresso dei nuovi 10 ex Paesi dell'Est. Questi non sono lontani dalla sua richiesta di revisione del budget, ma temono comporti tempi lunghi, mentre loro - come ha detto ieri la commissaria polacca Danita Hubner - hanno bisogno di certezze sulla suddivisione futura dei fondi. Così tanto Blair che Straw che il commissario Mendelson giurano che Londra farà ogni sforzo per cercare un accordo lungo l'arco del semestre. «Sarà difficile trovare un'intesa, naturalmente, dopo una crisi del genere, ma un serio tentativo va fatto», assicurano a Downing Street.

Anche se la permanenza di Schröder (almeno fino a settembre, quando si voterà) e di Chirac, che scade solo nel 2007, non pare promettere nulla di buono su questo versante.

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