«Bolla» araba, una figlia degenere dello stile cafonal

«Bolla» araba, una figlia degenere dello stile cafonal

Caro Granzotto, un’altra «bolla»! Questa volta scoppiata nel paradiso di Dubai. Ma la precedente, quella legata ai famigerati subprime, non ha insegnato niente a nessuno? Non avevano detto che era servita da lezione e che mai più ci sarebbero ricascati? Mi spieghi.
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E cosa vuole che le spieghi, caro Donati? Di economia e di finanza m’intendo poco o niente. E poi, sarà una «bolla»? Lì per lì pareva, ma il giorno appresso non pareva già più, con tutti a dire: calma, non è niente, robetta (60 miliardi di dollari allo scoperto. All’anima della robetta) che si sistema in quattro e quattr’otto. E poi ci sono sempre i cugini di Abu Dhabi, pieni di dollari fino a scoppiare e per i quali a onorare le cambiali del Dubai basta uno schiocco delle dita. Sarà. L’esperienza insegna che degli economisti e analisti di mercato fidarsi è bene e non fidarsi è meglio. Però fidiamoci, va’. Non mi intendo di queste cose, ripeto, ma ho gli occhi per vedere e dunque io, di mio, manco un ghello avrei investito nel fandango turistico-residenziale del Dubai, altro che 60 miliardi di dollari. Tutta roba per ricchi, dicevano, tutto un lusso, una calma e una voluttà. E giù colate di cemento, grattacieli che più alti non si può, isole a forma di palma, campi da sci con neve artificiale nel deserto, campi da tennis in cima a un grattacielo, alberghi a cinque, sei, sette e otto stelle, il parco tematico (che chissà cosa vuol dire) «Ferrari World», gli stilisti che facevano a gara per aprire, in quella sabbiosa e spelacchiata landa della penisola araba, i loro negozi, pardon, i loro show room. Boh.
La domanda che da uomo della strada mi ponevo era: ma tutta quella stralussuosa cubatura, tutta quell’opulenza abitativa e commerciale a chi era destinata? Chi avrebbe soggiornato negli hotel con le suites da tremila dollari a notte, nelle cento e cento ville costruite su isole artificiali, chi riempito la sequela degli smisurati uffici hi-tech, chi acquistato i gioielli e gli abiti firmati esposti nelle sgargianti e sceiccali vetrine? I ricchi, pareva dovessero essere. Ma quanti ne trovi di ricchi disposti a sborsare un bel po’ di moneta per una seppur lussuosa villetta a schiera, ché quelli sono gli edifici messi a ventaglio sull’isola a forma di palma, villette a schiera? O di farsi rintronare di colori, luci e suoni, di farsi sommergere dal kitsch orientaleggiante e fantozziano, da Mille e una notte made in Bollywood, del Burj al Arab, l’albergo a forma di vela? O di aprire uffici e rappresentanze (a Dubai?) occupando qualche migliaio di metri quadri al cinquantesimo o settantesimo piano dei grattacieli della Sheikh Zayed Road? E infatti, causa latitanza del ricco (che se vuole sciare mica va nel deserto, ma magari a Sankt Moritz o a Calgary e se necessita di una villa, non una villetta a schiera, ma una villa, se la cerca vista Mediterraneo, la migliore al mondo, o vista barriera corallina), ecco che ti si forma la bolla - che forse non è una bolla, ma nemmeno una balla - immobiliare. Sa, caro Donati, dove secondo me hanno toppato le banche che fiduciose d’un lesto e succoso rientro elargirono conquibus a piene mani alla «Dubai World» e al suo progetto d’un parco giochi per Paperoni? Nella raffigurazione del medesimo.

Non schivo, amante della quiete, del bello, dell’elegante e dell’esclusivo, ma di gusti bifolchi e rutilanti, di tendenza «cafonal» per rubare il termine a Roberto D’Agostino. Ce ne sono, hai voglia se ce ne sono, in giro. Ma non abbastanza per far tornare i conti alla sceiccale holding. Ciò che tutto sommato, consola.

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