È bolso ma si fa ben volere il Rocky ultimo modello

Arrendersi all’emozionante ultima puntata della vita di Rocky Balboa non è cosa di cui vergognarsi. Con sincero slancio Stallone ripresenta il suo eroe, bolso oltre ogni immaginazione, a torso nudo davvero inguardabile. Eppure la vicenda funziona come racconto popolare, irrealistico ma ricco di simpatia, di sentimenti emarginati da una nuova società, di un calibrato sentimentalismo che non esclude l’ironia. Sceneggiato e diretto da Stallone, Rocky Balboa si consegna al pubblico nella speranza che i sacerdoti della «kultura» d’élite vadano a trastullarsi con altre vicende. Qui c’è solo un déjà vu rassicurante, rozzo e travolgente. Morta la moglie Adriana, Rocky gestisce un ristorante ma invecchia con dignità, fino al giorno in cui i media lo sbattono in prima pagina per una sfida impossibile: l’ultracinquantenne Rocky contro il giovane campione in carica Mason «The Line» Dixon, interpretato dal vero vicecampione del mondo Antonio Tarver.

Tutto si svolge secondo la liturgia del rockysmo e con un po’ di commozione e un salto di adrenalina si esce dalla sala soddisfatti.
ROCKY BALBOA (Usa 2006) Regia di Sylvester Stallone, con Sylvester Stallone, Geraldine Hughes. 90 minuti

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