da Milano
Come ci si aspettava, Bpi ha deciso di non decidere. Il consiglio damministrazione di ieri ha affrontato solamente i conti del semestre, migliorati grazie alla cura Gronchi, rimandando ad altra data - forse già la prossima settimana - il dossier aggregazioni, con la prima selezione che ridurrà da quattro a due i candidati alle nozze con listituto lodigiano.
Non erano neppure presenti, a quanto si è appreso, gli advisor Mediobanca e Rotschild, ai quali spetta l'esame delle proposte delle banche.
Continua a pesare dunque il sistema di veti incrociati che da giorni fa segnare il passo a una trattativa che in un primo tempo era sembrata procedere speditamente. Secondo fonti finanziarie, sarebbero avvantaggiate Popolare di Milano e Popolare Emilia Romagna. Questultima in particolare, per la sua natura «federativa», riscuoterebbe il consenso dello zoccolo duro dei soci lodigiani, in quanto garantirebbe lautonomia e il mantenimento dellidentità locale. La mancata selezione, peraltro, complica la vita a Bper, costretta a giocare su due fronti: Bpi e Popolare Intra, altra possibile «sposa» per la banca emiliano-romagnola.
Restano ancora in partita anche Bpu e Popolare Verona e Novara, che proprio ieri hanno deciso di mettere le carte in tavola, ufficializzando i rispettivi progetti per le nozze con la banca lodigiana. Listituto bergamasco ha proposto una aggregazione secondo delle «linee guida strategiche» volte alla creazione di un «gruppo bancario federativo, polifunzionale e integrato». In particolare il progetto di Bpu prevede la «promozione di un modello federativo puro» che «valorizza la forza distributiva delle banche rete e salvaguarda l'identità dei marchi e le autonomie locali, sotto la guida di una capogruppo responsabile delle strategie, dell'integrazione e dei controlli». Dal canto suo, lad di Bpvn, Fabio Innocenzi, ha spiegato così le sue intenzioni al Sole 24 ore: «Ci presentiamo con una proposta aperta, senza vincoli sulla governance o su altro. Pensiamo a una casa comune, da costruire assieme».
Intanto, il consiglio di Bpi ha salutato il ritorno allutile: 92 milioni, anche grazie alle dismissioni, contro la perdita di 181,6 di un anno fa. Le mosse messe in campo dall'ad Divo Gronchi e dal direttore generale Franco Baronio nel piano industriale 2006-2009 mostrano i loro effetti: la banca, pur scontando ancora le scelte di Fiorani nella spregiudicata gestione finanziaria, sta effettuando il suo riposizionamento verso l'attività tradizionale e verso i clienti come famiglie e pmi. Lattività commerciale è in ripresa: la nuova produzione di mutui residenziali è in crescita del 26% mentre le nuove erogazioni di credito al consumo sono aumentate del 22,5% e la produzione di bancassurance del 13%.
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