Calabrò: "Ora riforma della Rai, duopolio finito"

Nella Relazione annuale al Parlamento il presidente dell’Agcom chiede una "riforma urgente" della Rai e una revisione della legge sulla par condicio. E avverte: "L'assetto economico vede ormai tre soggetti in posizioni comparabili"

Calabrò: "Ora riforma della Rai, duopolio finito"

Roma - Dal duopolio, che ancora caratterizza la distribuzione degli ascolti, al "mercato a tre" con Rai, Mediaset e Sky che occupano "posizioni comparabili" sul fronte dei ricavi, grazie alla crescita del satellite. Nella Relazione annuale al Parlamento il presidente dell’Autorità per le garanzie nelle Comunicazioni, Corrado Calabrò, fa una fotografia approfondita del panorama televisivo in Italia, dove si fa "sempre più urgente" una riforma condivisa della Rai a fronte del boom del digitale.

Sky e il duopolio televisivo Dal duopolio, che ancora caratterizza la distribuzione degli ascolti, al "mercato a tre" (formato da Rai, Mediaset e Sky) grazie alla crescita del satellite. E' l’evoluzione del settore tv fotografata da Calabrò secondo cui "permane la concentrazione binomiale di emittenti per quanto riguarda l’audience" (Rai e Mediaset sono all’82.3% e raggiungono insieme l’84.1% dei ricavi nel mercato della raccolta pubblicitaria), ma "in un assetto economico complessivo che vede ormai tre soggetti in posizioni comparabili, per il ruolo sempre crescente assunto da Sky Italia". Nel 2007 la Rai ha registrato ricavi per 2.739 milioni di euro, Rti per 2.411 milioni, Sky per 2.347 milioni. Fatturati che, fa notare l’Autorità, si riferiscono al mercato italiano e prendono in considerazione solo ricavi netti da pubblicità e pay tv. Nell’ultimo anno, sottolinea Calabrò nella Relazione, si sono registrati "un ulteriore consolidamento del peso della televisione a pagamento rispetto all’ammontare complessivo delle risorse del settore, un rafforzamento delle nuove piattaforme digitali, satellitare e terrestre, a scapito della tv analogica (con oltre metà delle famiglie, il 54.3%, dotate di tv digitale), un aumento della pressione competitiva determinato da un processo di transfluenza che vede le televisioni tradizionalmente free fare il loro ingresso nella tv a pagamento e l’acquisto di crescenti quote di mercato pubblicitario da parte degli operatori di pay tv". In particolare, fa notare il presidente dell’Agcom, "per la prima volta, nel 2007, si è anche registrato un valore dei ricavi da pubblicità sotto la soglia del 50% del totale dei ricavi del settore tv (48.8% rispetto al 50.2% del 2006), mentre continua la crescita della pay tv (da 28.2% del 2006 a 28.8%, nel 2007) e si assiste a una lieve riduzione percentuale del canone (da 19.6% del 2006 a 19.4% del 2007)". In generale, poi, "si registra un lieve incremento anche da parte degli operatori minori, che percentualmente - dice Calabrò - hanno avuto una crescita maggiore che nel 2006". L’esempio citato è quello di Telecom Italia Media, passata da 162 milioni di euro nel 2006 a 188 milioni nel 2007 (+16.2%).

La riforma della Rai La riforma della Rai non è più rinviabile perché l’azienda non può competere "impacciata" dalle norme amministrativo-contabili e insieme "paralizzata da spinte e controspinte politiche". Nella Relazione annuale al Parlamento Calabrò promuove l’ipotesi di un provvedimento ad hoc per cambiare la governance della tv pubblica. Calabrò chiede che "alla riforma della Rai si pervenga al più presto, puntando sull’efficienza, magari enucleando e anticipando alcune norme indifferibili che coniughino il carattere imprenditoriale della governance con il perseguimento degli obiettivi di fondo di un servizio pubblico con marcate finalità d’interesse generale, svincolato dall’abbraccio dei partiti". La riforma di Viale Mazzini, insiste Calabrò nella Relazione, "è un tema importante sotto l’aspetto ideologico-politico e urgente sul piano pratico". "La Rai - sottolinea ancora il presidente dell’Agcom - non può competere - e non può nemmeno funzionare accettabilmente - impacciata, com’è, da un reticolo di norme amministrativo-contabili che mal si attaglierebbero a un’amministrazione tradizionale (e che non sono affatto inscindibili dalla missione di servizio pubblico dell’ente) e, nel contempo, paralizzata da spinte e controspinte politiche". Tra i principali compiti della Rai c’è il recupero della qualità, secondo Calabrò, che cita l’esempio positivo della Bbc: la nostra tv pubblica si è infatti appiattita sulla tv commerciale, con una "omologazione al ribasso che sbiadisce la missione del servizio pubblico e colloca la nostra televisione al di sotto di altre televisioni europee". "Il contratto di servizio con la Rai - ricorda Calabrò nella Relazione - prevede l’elevazione della qualità, e si è insediato l’apposito Comitato chiamato a monitorare l’osservanza di quella indicazione. Ma essa resterà lettera morta se e fino a quando non permeerà il convincimento della stessa Rai; la quale ha risorse professionali per tradurla in atto". Il presidente dell’Agcom, in particolare, punta il dito contro gli approfondimenti, "dominati da fatti di cronaca raccontati con l’occhio rivolto all’audience", obiettivo che "porta a smodate intrusioni nella vita privata delle persone", e contro la "mimesi del processo in televisione", cioè la prassi di trasferire i giudizi dalle aule dei tribunali al piccolo schermo, tema già oggetto di un atto di indirizzo adottato dall’Agcom a febbraio scorso.

Nuove tariffe e risparmi Lo schema di riduzione delle tariffe di terminazione della telefonia mobile messo a punto dall’Autorità per le tlc "porterà, nel 2011, le tariffe dei tre principali operatori a ribassi di circa il 35%-40%, con un ulteriore risparmio per i cittadini di 1,5 miliardi di euro". "La riduzione delle tariffe di terminazione mobili rimane, peraltro - ha continuato Calabrò - un obiettivo da perseguire dosatamente, alla luce della situazione effettiva del mercato, e non con criteri aprioristici. La nostra priorità è piuttosto rivolta alle famiglie meno abbienti che dovranno essere protette dai rischi derivanti dalle dinamiche dei prezzi del settore e da una crescente inflazione". Il presidente dell’Autorità torna anche a parlare della tassa di concessione governativa sugli abbonamenti della telefonia mobile, ribadendo che "sarebbe opportuno sopprimerla".

La par condicio La par condicio va modificata, "per adeguare la legge sia alla realtà cui intendeva riferirsi sia al mutamento tecnologico intervenuto". Valutazioni che Calabrò fa alla luce delle "difficoltà riscontrate nell’applicazione" della normativa vigente in occasione delle ultime elezioni politiche e del fatto che, nonostante il proliferare dei nuovi media, "la campagna elettorale si fa ancora quasi interamente in televisione". L’Autorità, spiega Calabrò, si è trovata di fronte a uno scenario "ben diverso da quello presupposto dalle leggi da applicare, vale a dire la convergenza degli attori della campagna elettorale su due coalizioni", dovendo gestire "diciotto liste in competizione e quindici candidati premier che reclamavano tutti uguale spazio in televisione e confronti incrociati". Una situazione "ulteriormente complicata" dalla proliferazione dei programmi di approfondimento e dalla loro sovrapposizione con la comunicazione politica tout court. In questo difficile contesto, l’organismo di garanzia ha fornito i criteri per applicare il principio di parità di trattamento, "da intendersi come trattamento in modo analogo di situazioni analoghe": un’interpretazione, rivendica Calabrò, che "ha retto". Inoltre è intervenuto più volte, "con delibere assunte all’unanimità", per il riequilibrio dell’informazione, che "sostanzialmente c’è stato". Il voto ha prodotto una semplificazione del panorama politico, con un Parlamento formato dal "minor numero di partiti dal dopoguerra a oggi", rileva il presidente dell’Autorità, ribadendo però che "le difficoltà riscontrate nell’applicazione della legge vigente confermano la necessità della sua revisione".

Telecom e il mercato "Nella telefonia fissa Telecom Italia mantiene il suo primato storico di ex monopolista, ma negli ultimi tre anni la quota di mercato dell’incumbent è scesa di 10 punti (dal 94 all’84%)". Secondo Calabrò, tuttavia, "la quota di Telecom nel fisso, seppure in diminuzione, rimane più elevata che altrove. Ciò produce effetti non solo nei mercati dei servizi tradizionali (la voce), ma anche nella banda larga, dove Telecom deteneva ancora, a fine 2007, una quota (il 64%) superiore a quella degli altri incumbent europei (mediamente il 55%; il 49% nel Regno Unito)". In ogni caso, dice anche Calabrò, "l’indice di concentrazione ha proseguito la sua strutturale diminuzione in tutti i mercati della filiera delle telecomunicazioni. Nella telefonia mobile l’ingresso degli operatori mobili virtuali (oltre 500mila clienti in pochi mesi) ha ulteriormente vivacizzato la concorrenza già in atto".

Alla flessione della quota di mercato di Telecom, prosegue le Relazione, "ha corrisposto un deciso recupero di redditività degli operatori alternativi, con incrementi che arrivano al 60%": basti pensare che "a marzo di quest’anno siamo arrivati a 3,7 milioni di accessi diretti in unbundling (e shared access), con una decisa accelerazione rispetto all’anno precedente (oltre un milione di linee attivate in un anno, con un ritmo di crescita del 42%)".

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