Cari vescovi e direttori: la verità è sporca? Sbagliato nasconderla

Cari Vescovi disgustati e Cari Direttori accaniti, lasciate che un povero giornalista peccatore professi la sua bigamia e condivida il vostro disgusto e ammiri il vostro accanimento. Mi riferisco ai Vescovi che insorgono contro il nostro Giornale accusandolo non di avere peccato ma di avere spifferato un peccatore autorevole. E mi riferisco a Te, Vittorio Feltri, ma anche a Ezio Mauro e a Dino Boffo, a Belpietro, Sallusti e Bechis, a Scalfari e ai nuovi corrispondenti di guerra del nostro Paese, D’Avanzo, Travaglio, Moncalvo, ecc. Ho usato l’espressione corrispondenti di guerra non a caso; perché la guerra per la conquista del potere e dei territori, in questo caso territori mediatici o spazi di mercato, passa oggi dal sesso e dagli attacchi feroci ad personam e anche ad inguinem. Mi rivolgo a tutti voi che state facendo grande e brutto giornalismo e non sono pronto a rinunciare a nessuno dei due aggettivi. Sono anch’io come i Vescovi e come molti italiani, disgustato dal livello basso della polemica politica e giornalistica; in un’epoca dove non ci dividono più le idee e le passioni civili, ci dividono gli ormoni e le passioni bestiali. La politica ha perso la testa ed è caduta a terra; e nel vano tentativo di risollevarla e di ridestarne l’attenzione pubblica, si ferma a mezz’altezza, dove frullano gli organi genitali. So pure che il disgusto diffuso degli italiani è accompagnato dal morboso piacere di conoscere queste storie torbide, non solo per innata, maligna curiosità, e non solo perché fa sempre piacere vedere che il potere è nudo e lordo. Ma anche perché sotto sotto questo Paese si identifica in questi personaggi, e pratica, o sogna veline ed escort, o se è dell’altra via, passioni omoerotiche con relative follie.
Il giornalismo, se non ha scopi ideologici o educativi, rispecchia il Paese e offre ai lettori quel che a loro piace: non bei reportage di politica internazionale, colti elzeviri o analisi complicate, ma porche storie di retroscena e gossip, magari condite da immagini. Credo che il giornalismo dei Colpi Bassi, anche in senso inguinale, sia vero, crudo giornalismo. E non sono così fazioso da esaltarne uno e deplorare l’altro: no, credo che sia vero, crudo giornalismo anche quello di Repubblica e di D'Avanzo, per intenderci. Poi possiamo avere idee opposte, dissentire da certe pieghe e arrivare a conclusioni inverse, ma è così. Non potete indignarvi se il Giornale usa le vostre stesse armi. Ma vale anche il viceversa.
Se mi chiedete: ma tu avresti pubblicato quella notizia sul direttore di Avvenire con quel rilievo, risponderei con tutta franchezza: forse no, o meglio non l’avrei cercata ma avendola non sarebbe stato onesto ometterla - ricordo quanto mi costò pubblicare un plagio di Indro Montanelli, a cui volevo bene e che ritenevo il re del mio regno -. Diciamo che avrei preferito non pubblicarla, ma non è un titolo di merito. Perché non sono un vero giornalista e prima della notizia per me viene la persona e prima del caso viene il contesto. Apprezzo come direttore Dino Boffo e il suo giornale e per questo forse non avrei sacrificato alla notizia sulla sua vita sessuale e alla guerra contingente su Berlusconi e le donnine, il rispetto per un curriculum, per un giornale e per quel che rappresenta. Ma non sono un giornalista di razza, mentre Feltri lo è. Un grande giornalista, crudo e a volte cinico, ma un grande direttore. E per spietata onestà dovrei dire la stessa cosa di alcuni dirimpettai che pure avverso. Potrei chiudere qua, prendermi il mio premio Salomone dicendo che i Vescovi fanno giustamente il loro mestiere esprimendo disgusto; il moralismo a loro si addice, con le sue condanne e perfino con le sue ipocrisie. E i direttori e i loro inviati di guerra fanno bene il loro mestiere con le sue asprezze, i suoi assalti alla baionetta, i suoi colpi bassi, inferti e ricevuti. Ma non mi accontento, non so fare il cerchiobottista, l’intellettuale distaccato. Mi lascio prendere. E allora dico che Berlusconi avrà fatto bene a dissociarsi dal Giornale, ma ha gestito male la vicenda che lo riguardava e male ha fatto a querelare la Repubblica, offrendo altra materia, anche internazionale, allo stupido giochino delle dieci domande, aiutando il vittimismo della stampa e la campagna su di lui, come erotomane e potenziale dittatore. So che manipolano, amplificano e confondono un fatto privato, benché deprimente, con un giudizio sul premier e il suo operato. E so che un dittatore non querela, non si appella ai detestati giudici, ma usa mezzi subdoli o brutali. Vi immaginate Stalin che querela Trotsky o Hitler che va in procura a denunciare gli ebrei per abuso di potere finanziario? Via, non scherziamo.
Poi dico che il gioco si è fatto sporco ma perché lurida è la verità: e non possiamo, cari Vescovi, nasconderla sotto il tappeto. Non è evangelico coprire gli scandali. La verità è nuda, assumetene le conseguenze. Non tifo per una condanna o un’assoluzione generale, sull’onda del «chi è senza peccato scagli la prima pietra». Ma perché ognuno si assuma le sue responsabilità fino in fondo rispetto al proprio ruolo; e giochi le sue carte a viso scoperto, ove nel viso è compreso anche il culo. E il sesso, naturalmente. La verità è venuta a galla, e si sa cosa galleggia. Ora conosciamo di più i protagonisti, accusati e accusatori. Possiamo avere un giudizio sulla loro attendibilità, sulla loro presentabilità e sui loro moventi. Acquisiti agli atti questi nuovi elementi riprendiamo a dire: Berlusconi è lo specchio del Paese e delle sue aspirazioni, che si riflettono anche nella stampa e i suoi censori. Teniamone conto. Dopodiché decidete se Berlusconi merita di governare, Boffo di dirigere il quotidiano dei cattolici e della Conferenza episcopale, gli altri direttori di fare il loro mestiere. Io rispondo di sì a tutte le domande, con disgusto, spirito di verità e senso di giustizia perché non confondo sfere pubbliche con inclinazioni private.

Poi di ognuno serberò un giudizio complessivo, filtrerò con spirito critico atti e notizie, o nel caso di Berlusconi certe nomine e certi comportamenti, alla luce di quel che ho saputo; ma non giudicherò mai il tutto con la parte. Non confonderò, dei vescovi, dei leader e dei giornalisti, la loro parte pubblica con le loro parti intime. Dopodiché andiamo tutti, ciascuno col suo fardello, alla Perdonanza.

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