Caso Cucchi, nel mirino i medici: la Procura indaga per omicidio

Roma«Stefano Cucchi non doveva morire». È deciso il ministro della Giustizia che, nell’informativa al Senato, annuncia: «Tutte le nostre energie sono impegnate per accertare chi abbia portato a questo tragico evento».
Angelino Alfano ricostruisce giorno per giorno,ora per ora, la storia del detenuto morto il 22 ottobre, in circostanze da accertare, all’ospedale romano Sandro Pertini. Assicura che eventuali responsabilità saranno accertate, senza «sconti a nessuno». Parla del diritto di sapere la verità e del diritto alla salute, sacrosanto per tutti anche dietro le sbarre.
Il volto coperto di lividi di Cucchi, il suo corpo smagrito, le fratture vertebrali, hanno scatenato una ridda di sospetti e accuse. C’è un’inchiesta giudiziaria per omicidio preterintenzionale e la Procura sta valutando se trasformare l’ipotesi di reato in omicidio colposo. Presupporrebbe un’incuria durante il ricovero da parte dei medici. Il Guardasigilli spiega in Senato che l’inchiesta ha due tranche: «Una riguarda le lesioni, per valutare se siano provocate o accidentali; l'altra, un'eventuale mancata alimentazione».
Ieri è stato ascoltato dai pm il primario del reparto che ha ospitato Cucchi, mentre la Commissione parlamentare sul servizio sanitario ha deciso di aprire una sua inchiesta.
Cucchi aveva 31 anni ed è stato arrestato la notte del 15 ottobre perché aveva alcuni grammi di hashish. La perquisizione a casa, davanti alla madre, è avvenuta «senza concitazione e senza particolari contatti fisici», spiega Alfano. Poi, è stato accompagnato alla stazione dei carabinieri Appia e «guardato a vista», infine alle camere di sicurezza di un’altra stazione dell’Arma, a Tor Sapienza. Era «lucido, cosciente ed in condizioni di salute compatibili con lo stato di detenzione, senza ferite o ecchimosi diverse da quelle tipiche della tossicodipendenza in fase avanzata». La notte si è sentito male, ha detto di soffrire di epilessia. Contro la sua volontà sono stati chiamati i medici del 118, ma lui ha rifiutato la visita e il ricovero. La mattina dopo, al Palazzo di giustizia, l’incontro con il padre e il processo per direttissima per detenzione e traffico di stupefacenti. Prima di entrare in carcere a Regina Coeli è stato sottoposto alla visita medica e sono stati individuati lividi al volto ed ecchimosi alla zona «sacrale coccigea». «Sono caduto per le scale», ha detto il detenuto. È stato trasferito all’ospedale Fatebenefratelli e gli accertamenti riscontrano fratture alle vertebre. Gli è stato proposto il ricovero, ma lui ha rifiutato ed è stato riportato al centro clinico di Regina Coeli. Ma il giorno dopo si lamentava di nausea e dolori ed è stato riportato al Fatebenefratelli. Poi, il trasferimento al «Pertini»: era di una «magrezza estrema» e non collaborava molto con i medici, rifiutò degli esami, mangiava e beveva poco, ma si oppose all’alimentazione per via endovenosa. Lì è morto 5 giorni dopo, il 22 ottobre, da solo in un letto del reparto penitenziario.
Perché i suoi familiari non poterono mai vederlo, né avere sue notizie? Alfano spiega che Cucchi negò, com’era suo diritto, che fossero diffuse informazioni sulla sua salute a tutti, anche ai familiari, venuti per due volte. Lo fece a voce e per iscritto. È quello che dice anche il primario ai pm. Ma la sorella Ilaria, che ascolta il ministro dalla tribuna, ha forti dubbi. Dice di voler vedere quella dichiarazione, la firma di Stefano e annuncia querele per i medici.

Il loro è un atteggiamento «profondamente offensivo», accusa il padre di Cucchi, Giovanni. Il modulo del Dap (Dipartimento affari giudiziari), con i due «no» scritti il 17 ottobre nello spazio delle persone da autorizzare ad essere informate, è già sul sito di Panorama.

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