IL CASO DEL LETTORE

Vi voglio raccontare l’avventura che ho vissuto qualche sera fa. Mia figlia, di cinque anni, è affetta da varicella, e fin qui è una cosa normale, può capitare a tutti, in modo particolare ai bambini della sua età. Non altrettanto comune è la complicazione che si è aggiunta, vale a dire un eritema esteso sulla superficie di tutto il corpo e fonte di bruciori e pruriti allucinanti che le è comparso verso le ore 19. A quel punto ho deciso immediatamente di chiamare la guardia medica perché potesse visitare mia figlia. Al telefono mi è stato detto che loro escono in visita domiciliare solo se la temperatura supera i 39 gradi, ma io, incoscientemente e peccando di ingenuità, gli avevo detto che mia figlia aveva la febbre a 38,8. Essendoci una differenza di 0,2 gradi, la guardia non sarebbe venuta a casa nostra, al massimo sarei dovuto essere io a portare mia figlia. Dal momento che non era pediatra, il medico di guardia mi ha consigliato di portarla all’ospedale di Treviglio, cosa che ho fatto dopo aver chiamato per avvertire che mia figlia aveva una malattia infettiva. Arriviamo al pronto soccorso intorno alle 20, facciamo l’accettazione e ci invitano ad attendere fuori per evitare contagi. Siccome fuori pioveva, alzando un po’ la voce, siamo riusciti a trovare due posti in disparte dove poterci sedere, senza far correre alcun tipo di rischio a nessuno. Tengo a far presente che in sala d’aspetto c’erano altri cinque bambini in attesa di essere ricevuti. La nostra attesa è durata fino a mezzanotte, cioè quattro ore dopo l’accettazione. Immaginate se fossimo dovuti rimanere sotto la pioggia, mia figlia oltre alla varicella si sarebbe presa anche una broncopolmonite. Finalmente ci fanno salire in reparto e, mentre stiamo per varcare la soglia della sala visite, ci dicono un’altra volta di accomodarci fuori per il sopraggiungere di un’urgenza. A mezzanotte e quaranta riesco a far visitare mia figlia, scoprendo fortunatamente che non si trattava di nulla di grave. Mi è stato prescritto un farmaco e ci siamo diretti verso l’uscita. È stato in quel momento che la povera pediatra mi ha spiegato il perché delle attese snervanti che noi, come gli altri, avevamo dovuto sopportare.

La dottoressa mi ha detto di trovarsi in una situazione insostenibile essendo l’unica presente e dovendo gestire reparto, sala operatoria, visite e pronto soccorso. Questa è la situazione nel 2008 in una cittadina sviluppata come Treviglio e credo che non sia necessario aggiungere altro commento.

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