La Cassazione: «Per Erika niente comunità»

da Novi Ligure (Alessandria)

La Cassazione ha detto no. Erika De Nardo, la ragazzina di Novi Ligure che ha ucciso la madre e il fratello, insieme con il fidanzato Omar, resterà in carcere a Brescia. La Corte ha respinto la sua richiesta di essere trasferita in una comunità. La difesa sostiene che la ragazza, che ora ha 22 anni, ha bisogno di cure psicologiche. Il carcere - spiegano i suoi legali - rischia di perderla per sempre, di inasprirla ancora di più nell’animo e nel comportamento. Erika è stata condannata a sedici anni di detenzione. La sua libertà è ancora molto lontana. Ma quando sarà fuori che vita farà? Come può tornare nella società se in questi anni non verrà sostenuta da uno psichiatra?
Il giudice che ha detto no è Mario Sossi. Un nome che fa riemergere altre storie e altri delitti. La sua storia è legata alle Brigate Rosse. Fu lui, infatti, il magistrato che Renato Curcio, Alberto Franceschini, Mario Moretti e Mara Cagol rapirono nel 1974. Fu il sequestro che, in qualche modo, fece diventare famose le Br. Sossi rappresentava la pubblica accusa al processo contro il gruppo della XXII ottobre, che aveva rapito un giovane imprenditore. Le Br chiesero uno scambio tra prigionieri, i terroristi in cambio del magistrato. La trattativa fu lunga e tormentata. Alla fine i capi storici delle Br decisero di liberare il giudice.


Sossi, che presto andrà in pensione, spiega così la sua sentenza: «Era una richiesta non attuabile per motivi di procedura, una questione di stretta legittimità». La richiesta di spostare la ragazza in una comunità psico-terapeutica sarebbe infatti compatibile con il carcere minorile, non con una detenuta che ha 22 anni.

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