Che spettacolo (a teatro) il capitalismo radicale

Che spettacolo (a teatro) il capitalismo radicale

La borsa va giù in picchiata, la crisi non finisce mai, il liberismo è sul banco degli imputati, lo Stato torna protagonista dell’economia, Keynes è popolarissimo e perfino Karl Marx si riaffaccia sulla scena. Tenendo conto di tutto questo, perché mai Massimiliano Finazzer Flory si è inventato uno spettacolo come Si sarebbe potuto fare, adattamento del saggio L’ingranaggio della libertà di David Friedman? Friedman, noto economista figlio di un ancora più noto economista (papà è il premio Nobel Milton), è un autorevole voce dei libertari statunitensi. Secondo lui, lo Stato è una cricca di politici, legislatori e burocrati che punta a ridurre l’autonomia dell’individuo, anche con la forza se necessario. Quindi meglio privatizzare tutti i settori in cui lo Stato detiene «l’esclusiva»: scuola, sanità, previdenza, giustizia, sistema viario, sicurezza, tutela ambientale. Obiettivo finale e utopico, la società senza lo Stato, la libera cooperazione al posto della coercizione, all’interno di un sistema di mercato. In altre parole: l’anarco-capitalismo.
Friedman sembra il bersaglio perfetto di chiunque in questo periodo rilancia le teorie stataliste. Chi ha ragione? E non c’è il rischio che le sue posizioni siano anacronistiche? In fondo il mondo pare andare in un’altra direzione. Lo chiediamo proprio all’attore Finazzer Flory, ex assessore alla Cultura di Milano, che ha ideato lo show con la collaborazione con l’editore Liberilibri e Il Sole 24 Ore. Sarà Finazzer stesso a interpretare Friedman, incalzato dalle domande di Armando Massarenti, responsabile del Domenicale del quotidiano di Confindustria e autore della prefazione all’edizione italiana de L’ingranaggio della libertà (Liberilibri, 1997; negli Usa uscì nel 1973...).
«Tesi fuori tempo massimo? - risponde Finazzer - No, il principio della proprietà privata è fondamentale per ogni società. E va difeso dall’invadenza dello statalismo. Quest’ultimo va per la maggiore? Le replico con una battuta di Friedman: “Oggi va di moda valutare l’importanza di determinate idee in base al numero e alla violenza dei suoi aderenti”. Semmai quelle di Friedman sono tesi radicali, e quindi indigeste a molti, sia a destra sia a sinistra». Però recitare nella Sala Collina del Gruppo 24 Ore a Milano, è come giocare in casa, si vince più facilmente... O la cultura degli industriali italiani ha qualche cedimento statalista? «Come socio, i nostri imprenditori, per decenni, hanno avuto lo Stato. Oggi qualcosa è cambiato. Basta vedere come ha agito Marchionne. Altro che Monti. Si sarebbe potuto fare prima, cambiare molti anni fa? No: mancava una cultura liberale». Ma questo sarà meglio non dirlo a chi, in passato, ha diretto il prestigioso inserto culturale del Sole 24 Ore, esaltando con una certa regolarità gli anticapitalisti di turno.
Uno spettacolo di questo tipo è una mosca bianca nel panorama italiano. La natura delle istituzioni, la libertà individuale, la giustizia sociale sono sempre stati temi centrali nel teatro di ogni epoca. Ma da noi, nel Novecento, è sempre sembrato naturale accettare le idee in contrasto con i principi del liberalismo proprie di grandi registi come Luca Ronconi o Giorgio Strehler.

«Mi piacerebbe portare Si sarebbe potuto fare in tournée - conclude Finazzer - Lo farò se avrà... mercato».

*Lo spettacolo: Si sarebbe potuto fare, mercoledì 25 gennaio, Sala Collina, via Monte Rosa 91, Milano. Ingresso su invito. Per informazioni: 0733232438 oppure ama@liberilibri.it.

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