Chesterton e il miracolo del quotidiano

Il convegno su Chesterton Common sense day, la paradossale bellezza del quotidiano, all’Oratorio San Filipppo Neri, ha visto una sala gremita di universitari e liceali. Ad introdurre Guido Milanese della Cattolica, direttore del Gruppo Vocale Ars Antiqua che coltiva il canto gregoriano con appuntamenti in oratorio tra febbraio e aprile. Con una prima interpretazione di senso comune ha sottolineato la positività della crisi nel far scoprire la vacuità di fondamenti creduti sicuri come produttività, monetizzazione d’ogni atto, mentre Chesterton si batteva per la capacità di ognuno nel dar senso alla vita: valore mai riducibile al farsi guidare da altri.
Poi Emilio Biagini, conoscitore di molte lingue e preside della mattinata, presenta Michael Aeschliman, primo relatore, (già professore all’Università di Boston, autore di un testo sullo scientismo). Biagini traduce alcuni «calembour» di Chesterton poiché il bostoniano per farli risaltare parla in inglese misto ad italiano. Aeschliman insiste sull’affetto, in Usa e Canada, per l’inglese Chesterton: «Gli americani lo amarono perché non li considerava come dei “senza cultura”. Fu un democratico, vicino al concetto di sussidiarietà, volle far distribuire terre ai contadini in quanto la piccola proprietà rende liberi. Antimperialista, nazionalista, rivendicò all’Inghilterra, in crisi dopo l’età vittoriana, la gloria di radici latino-cristiane. Le rivendicò anche per gli emigranti dall’Europa in America o in Sud Africa come i Boeri per cui si schierò in una guerra d’interesse per l’oro».
Quindi Edoardo Rialti, docente di Letteratura inglese e francese a Firenze, collaboratore del Foglio, delinea i personaggi negativi dei romanzi di Chesterton: l’ateo contro il credente di Ortodossia (il capolavoro), il ladro gentiluomo contrapposto a Padre Brown, soprattutto Domenica, protagonista de L’Uomo che fu Giovedì, capo del consiglio supremo anarchico come della polizia. Domenica è la Natura, divisa tra conservazione delle cose e rivoluzione come voglia di cambiamento. Era questo il romanzo preferito di Mussolini, intervistato bene da Chesterton, che invece sbeffeggiò, nel 1937 del consenso, Hitler il «gigante dai boccoli d’oro».
Poi intervengono giovani cattolici agguerriti che hanno abbracciato la battaglia di fede di Chesterton, facendone un nostro contemporaneo. Elisabetta Sala (Università Cattolica) ne ripercorre le radici cattoliche in Inghilterra: da Chaucer a Thomas More, a Shakespeare che ora la critica individua come cattolico quando in Inghilterra ciò era proibito.
Ubaldo Casotto (giornalismo sociale con trasmissioni in Rai, primo assunto da Ferrara al Foglio, poi vicedirettore al Riformista), non riesce a giungere da Roma e la sua relazione è letta a due voci da Padre Mauro de Gioia e dal professor Sanguineti. Punta al «miracolo» della realtà che ci rimanda all’autore. Accosta Chesterton a Pasternak che affermò: «L’antipotere è l’uomo vivo».

«Buon senso, buona vita, buon umore: Benedetto XVI e Chesterton» è la relazione conclusiva, di Andrea Monda, con riferimento a una frase di Chesterton citata dal Papa in un’intervista: «Credere ci fa volare come angeli», (l’umorismo ci permette d’uscire da noi, il demonio è caduto per eccesso di gravità). Di Monda, che ha lasciato il posto sicuro in banca per insegnare religione nelle scuole, uscirà a marzo un libro su Benedetto XVI e libro, L’anello e la croce, è diventata la sua tesi di laurea su Tolkien.

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