Chi ha paura delle bande di «bravi ragazzi» in lotta per il territorio

Chi ha paura delle bande di «bravi ragazzi» in lotta per il territorio

Amedeo Ronteuroli**

Genova come altre città europee, vedi Barcellona, interessate da forti flussi migratori provenienti dal Sudamerica è stato nell'ultimo decennio teatro di un fenomeno che ha suscitato un notevole allarme sociale, soprattutto a livello locale: ci si riferisce alle bande di latinos, le cosi dette Pandillas, che si fecero conoscere prepotentemente dall'opinione pubblica genovese in collegamento ad alcuni fatti criminosi (risse, lesioni, furti, piccole rapine) avvenuti sul territorio.
È da sottolineare che fino al 2006 le gesta dei pandilleros venivano considerate meritevoli di incisive risposte da parte degli organi di controllo, soprattutto delle istituzioni penali. Un ruolo considerevole, nel processo di costruzione del fenomeno come problema criminale, l'hanno avuto i mezzi di comunicazione, rappresentanti, ormai da tempo del discorso sicuritario.
La riedificazione sociale del fenomeno «bande» divulgata dagli organi d'informazione è condivisa in un primo momento, anche dagli organi di polizia e dalla procura locale, che addirittura ipotizza, a carico dei suoi membri il reato di associazione per delinquere. Si tratta però di un abbaglio iniziale, provocato dalle valutazioni riferite alla prima ondata di episodi di microcriminalità che si verificarono sul nostro territorio ad opera di gruppi di giovani latino-americani. La prima fase del fenomeno «bande» era legata all'attività di furto rapine e piccolo spaccio.
Mentre i membri del «ponteggio» (gruppo di ecuadoriani, tutti maggiorenni definito così dagli organi inquirenti per il fatto di usare e spacciare sui ponteggi di una zona del centro storico genovese) ben presto individuati, arrestati e/o espulsi in quanto irregolari, gestivano un ambito di territorio per lo svolgimento dei traffici illeciti, le bande sudamericane che emergono almeno penalmente, in un secondo momento presentano caratteristiche dissimili serbando ciascuna un luogo di ritrovo ben preciso nella città: (esse sono del tutto estranee all'attività di controllo sul territorio per alimentare attività criminose); l'attività da parte di questi gruppi si realizza essenzialmente a livello simbolico mediante l'opposizione di graffiti e segni di riconoscimento sui muri, ovvero una sorta dei confini cui si collegano episodi di violenza, per lo più a danno di fazioni rivali.
L'indagine condotta dagli uomini del Commissariato «Pré» nel 2004 ha registrato la presenza sul territorio provinciale di ben nove bande, composte essenzialmente da ecuadoriani con età compresa tra i 16 e i 22 anni. Già però nel biennio successivo le cose si modificano, in quanto alcuni gruppi spariscono, altri si scindono, altri ancora fanno la loro prima comparsa nella scena pubblica locale.
In tutti i casi, si tratta di gruppi auto-denominati, formati da ragazzi per lo più maschi e minorenni, che manifestano la loro appartenenza al clan attraverso l'esposizione di colori e simboli identificativi, accompagnati dall'utilizzo di monili, tatuaggi e segnali di riconoscimento gestuali, tipico è quello del saluto, che oltre a esprimere solidarietà fra i membri, serve anche come distintivo tra un gruppo ed un altro.
I due gruppi di latinos, che più di altri negli ultimi anni sono saliti agli onori della cronaca cittadina sono: i Latin Kings e i Netas. Le ragioni della loro popolarità è dovuta oltre che la maggior consistenza numerica al fatto che, rispetto ad altre «bande», si tratta di organizzazioni di rilievo internazionale, le quali per effetto delle migrazioni in Europa, contano oggi diversi affiliati sia in Spagna che in Italia. Entrambe nascono come organizzazioni all'interno delle carceri americane allo scopo di offrire sostegno ai propri membri tanto nei confronti della durezza dello stato detentivo, quanto nei confronti degli attacchi da gang criminali.
Durante la fase investigativa, la squadra mobile riserva un'attenzione particolare alle organizzazioni dei Latin Kings e dei Netas trapiantati a Genova, requisisce materiali e documenti, fotografa i tatuaggi dei membri fermati e nel corso dell'operazione Pandillas del 2006, dopo aver proceduto all'arresto delle figure apicali delle bande ha sequestrato tutte le schede personali dei membri delle due organizzazioni.
Matura tuttavia tra gli inquirenti la convinzione, accolta poi dalla giurisprudenza penale di Genova e Milano, che le bande di ecuadoriani presenti sul territorio non costituiscano organizzazioni a scopo criminale. I reati contestati, infatti, traggono per lo più origine da episodi di rivalità tra gruppi, provocati generalmente da futili motivi, che escludono la sussistenza di propositi criminosi predeterminati.
I giovani appartenenti a questi gruppi, apparentemente tendono a dissociarsi sia dalla rappresentazione che di essi ci hanno fatto i magistrati sia dall'immagine propagandata dai giornali.
Da un punto di vista familiare questi giovani non occultano il fatto di difficoltà nel contesto familiare, ma insistono sull'importanza attribuita dal loro gruppo al rispetto per i genitori, che viene addirittura prima della fedeltà dovuta ai los hermanitos, ossia agli altri membri dell'organizzazione.
Quanto invece ai problemi di dipendenza a loro dire vigono rigidissime regole all'interno delle due principali organizzazioni: i membri si devono astenersi dall'uso di droghe anche di quelle cosi dette leggere, non esagerare con l'uso di sostanze alcoliche e possibilmente di trovarsi un'occupazione. Da altre fonti però, risulta che fra i membri di queste organizzazioni ci sia un uso molto frequente di eroina che tendenzialmente viene fumata attraverso un metodo particolare con l'utilizzo della carta stagnola.
Quali che siano i fattori a cui deve ricondursi alla fine, o almeno l'importante attenuazione degli scontri violenti, delle rapine e delle aggressioni ad opera dei pandilleros, le neo riconosciute organizzazioni di strada continuano a costituire una presenza significativa sul nostro territorio.
Gli hermanitos e le hermanitas frequentano la scuola, o lavorano o più frequentemente cercano lavoro, qualche volta giovanissimi sono già padri e madri.
La volontà di emersione dei pandilleros dal mercato dell'illegalità, è forse il segno dell'inizio del coinvolgimento dei membri delle neo-organizzazioni di strada in processi di assimilazione selettiva alla società ricevente.


Forse è troppo presto per valutazioni più ottimistiche, ma pare possa dirsi che ormai il «fantasma delle bande» a Genova non abbia più nessuna rilevanza sotto il profilo criminologico, non almeno nei termini in cui originariamente era stato formulato, e cioè se i gruppi di latino radicati sul territorio costituiscono o no organizzazioni con serie finalità devianti.
*Criminologo - Consulente tecnico del Centro studi criminalistica
** Presidente Centro studi criminalistica

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