Viaggia spesso in taxi, e preferisce il silenzio. «Discrezione e rispetto» è il motto dellattrice Serena Autieri quando si muove sullauto gialla. Il test, per lei, è superfluo.
Non le piace chiacchierare in taxi?
«No, sono per il guidatore di poche parole. Il mio ideale è: rispettoso e discreto verso il cliente, come lo sono io nei suoi confronti».
Si muove spesso in taxi?
«Sì, spessissimo. È così che mi sposto a Roma, una città dove il traffico e i parcheggi creano grossi problemi. Quindi preferisco il taxi. E cè una cosa che proprio non sopporto: la maleducazione».
Qualche esempio?
«Quando salgo sul taxi non ho voglia di sentire la radio sparata a tutto volume, dove magari si parla solo della Roma. Una maleducazione di fondo. Eppure si tratta di un servizio pubblico, per il cliente: quindi bisogna rispettarne i tempi e la volontà, anche se il tragitto è breve».
In taxi lavora?
«Sì, sono anche spesso al telefono.
Compromesso difficile?
«Alla fine bisogna trovarlo: anche se a volte dura solo pochi minuti, è comunque una convivenza molto ravvicinata».
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