Cinquanta sfumature di sesso (fatto male)

Tra Petrarca e Laura nessun problema. I guai iniziano con Don Chischiotte e Dulcinea

Don Chisciotte visto da Dariusch
Don Chisciotte visto da Dariusch

Quanto era facile l'amore quando le donne erano figure ideali. In letteratura, per secoli, le donne non esistevano, per questo era possibile amarle seraficamente. Per Dante e Petrarca, Beatrice e Laura erano ectoplasmi, se ne stavano lì su un piedistallo nel cervello ispirato, erano un pensiero, muse senza corpo (Laura addirittura perfino senza naso, lo studioso Amedeo Quondam ci ha scritto un noto saggio, Il naso di Laura, dettaglio che non viene mai nominato, figuriamoci le tette o il culo).Era semplice, non c'erano rapporti quotidiani di nessun tipo, bastava struggersi da soli e scriverci una divina commedia. Come, secoli dopo, Giacomo Leopardi con la famosa Silvia, che tra l'altro era morta e quindi non so in quale modo potesse rimembrare il tempo della sua vita mortale (ma Fanny Targioni Tozzetti era vivissima e Giacomo non se lo filava per niente, hai voglia a dedicarle poesie). Già col primo romanzo ufficiale, il Don Chisciotte, iniziano i problemi. Va bene che il Cavaliere dalla Trista Figura era pazzo di suo, però Dulcinea Del Toboso nell'avventura compare realmente, solo che non è una principessa ma una contadinella rozza e non vuole saperne niente del suo folle innamorato, non l'ha neppure mai visto (meglio, se lo vedeva scappava a gambe levate). E quasi cento anni prima del capolavoro di Cervantes, l'Orlando di Ariosto, furioso appunto, era innamorato di un'altra angelicata, di nome Angelica (che fantasia), la quale per giunta sposerà un musulmano, gli islamici rompevano le palle già all'epoca (ma almeno ci si ammazzava nelle crociate, non nei teatri, e il senno si perdeva sulla luna, luogo poetico dove non erano ancora sbarcati gli americani). Tuttavia è quando le donne cominciano a prendere corpo che le relazioni diventano pericolose, basti vedere l'intrigo intessuto dalla perfida marchesa de Merteuil per far innamorare del Visconte di Valmont la castissima Madame de Tourvel. Con cui Valmont riesce ad andare a letto; in letteratura finalmente, dopo Boccaccio, si scopa di nuovo, come d'altra parte in De Sade, dove alla sottomessa Justine fa da contrappeso la terribile Juliette, tana libera tutti, parità di sadismi e masochismi, almeno in teoria. Perché purtroppo l'emancipazione femminile inizia presto: appena l'amore va a buon fine e si trasforma in matrimonio, combinato o no che sia, loro, le donne, si rompono subito. Prima lo desiderano, e poi si annoiano. Più o meno come oggi, la scaletta della noia femminile è: ti amo, voglio il matrimonio, voglio un figlio, voglio un amante, voglio il divorzio. Così l'Ottocento è il secolo della noia, e il personaggio emblematico dell'insoddisfazione è ovviamente lei, Emma Bovary. Prevengo l'obiezione femminista a questo articolo maschilista: non si può dire che si vendichino delle corna messe dagli uomini prima, perché prima gli uomini, almeno in letteratura, non le avevano mai sfiorate. Quando dopo centinaia di pagine Madame Bovary si avvelena con l'arsenico, e Anna Karenina si butta sotto un treno, in fondo chiunque pensa: ben gli sta. Idem per l'Albertine di Proust, una sciacquetta che tradiva il povero Marcel in continuazione (anche con donne), quando muore cadendo da cavallo nessuno pensa: poverina. Piuttosto: muori, troia. E subito dopo arriva Lady Chatterley, fedifraga che se la fa con un guardacaccia (per raggiungere orgasmi sinestetici con tanto di campanellini e musichette celestiali), e esibisce la solita scusa: mio marito mi trascura (per forza, Clifford Chatterley era paraplegico e impotente, e lei lo sapeva, però ci teneva a diventare la Lady del baronetto).

Per carità, non credo che Lucia si sarebbe mai annoiata di Renzo, perché era noiosa di suo: chi desidererebbe mai Lucia, a parte un contadinotto di paese, e Don Rodrigo per capriccio? E il romanzo finisce appunto con la fine dell'ostacolo all'unione, e nelle ultime pagine si scopre che Lucia era una racchia (lo dicono i paesani de I promessi sposi, non io, e pure Ezio Raimondi nel saggio Il romanzo senza idillio), e va bene che l'amore è cieco, ma due ciechi insieme sono due fessi.

Morale delle favole: l'amore ha bisogno di impedimenti, se Werther avesse sposato Lotte non si sarebbe ucciso per lei, avrebbe ucciso lei dopo dieci anni. Stessa cosa per Romeo e Giulietta, fosse andato tutto liscio con la treccia l'avrebbe impiccata dalla finestra (le finestre ricorrono: la finestra di Silvia, la finestra che apriva la Bovary quando aveva le caldane, le Madonne affacciate alla finestra, e in Italia il refrain delle mogli divenute mamme, ormai un motto nazionale, perfino politico: o mangi la minestra o salti dalla finestra). Nella narrativa contemporanea, soprattutto quella popolare, qualche piccola novità nell'immaginario c'è stata: da una parte autrici come Sophie Kinsella (sulla scia del bestseller di Helen Fielding) mettono in scena protagoniste sfigate che non trovano mai l'amore (si rifanno con lo shopping, spesso con carta di credito maschile però). Oppure ci sono femministe insopportabili tipo Erica Jong o Lidia Ravera o la nostra Murgia sarda che non trovano mai l'amore perché chi se le piglia (la Murgia in compenso ama la Madonna e il suo libro di insuccesso più ispirato si intitola Ave Mary, più che un romanzo un'acquasantiera rilegata). Intanto va a ruba e in classifica Cinquanta sfumature di grigio (odiato dalle femministe), dove la fantasia amorosa femminile è nel farsi dominare da un uomo padrone. Sarà letteratura bassa (ma mica più bassa della Ravera o della Murgia), in ogni caso per noi maschi è una bella notizia, se incontrate una delle tante estimatrici di E.L. James non fatevela scappare, prendetela e legatela. Nella letteratura alta, in compenso, uomini vecchi agonizzano dietro a ragazzine sexy (due esempi emblematici: Lolita di Nabokov e poi L'animale morente di Philip Roth, Ilda Boccassini li avrebbe processati solo per averli scritti) e d'altronde il bestseller erotico italiano degli anni Sessanta di Alberto Moravia si intitolava appunto: La noia. Dove ad annoiarsi è lui, non lei, finché non si annoia lei e lui scopre che lo tradisce, solita storia e tuttavia, idea geniale, decide di pagarla, come fosse una prostituta. Io penso che in amore le donne andrebbero pagate sempre, per contratto, tanto in un modo o nell'altro si pagano lo stesso, almeno puoi appellarti a qualche codice. Come aveva capito Pier Paolo Pasolini, da omosessuale evitava le donne e andava con i ragazzi e li pagava subito e chi s'è visto s'è visto (e comunque morto pure lui, ammazzato per mano di un Pelosi qualsiasi, io almeno mi sarei fatto uccidere da Cindy Crawford). Un amore riuscito: quello di Liala per il marito Vittorio Centurione Scotto, che però muore e lei infligge alle lettrici decine di romanzi pieni di aviatori, poco sesso e molti sospiri aeronautici. Altro amore riuscito: quello di Montale per la moglie Drusilla, con la quale ha sceso, dandole il braccio, almeno un milione di scale. Però sai che palle, potevano prendere l'ascensore.

Cesare Pavese invece si suicidò per l'attrice americana Constance Dowling, alla quale dedicò il verso: «verrà la morte e avrà i tuoi occhi», secondo me lei si è spaventata e l'ha mollato per questo («La morte? Avrà i miei occhi? Ciao bello» prendendo il primo aereo per gli Usa e toccando ferro). La vendetta massima l'ha messa a segno Bret Easton Ellis negli anni Ottanta con il Patrick Bateman in American Psycho: non si innamora, è un killer maniaco, le donne le fa a pezzi, misoginia assassina allo stato puro, femminicidio seriale. Da non prendere alla lettera, letterariamente sì. Mentre, a quei tempi, gli amori più struggenti erano quelli gay narrati da David Leavitt, tra i suoi bestseller Eguali amori, e la conclusione di Leavitt era che «chi non ama nessuno non può essere abbandonato», insomma meglio soli che male accompagnati. In amore non c'è scampo neppure nei rapporti tra lo stesso sesso? In genere no, perché anche fra due uomini o fra due donne uno fa l'uomo e uno la donna. Per questo Vladimir Luxuria vorrebbe il matrimonio in Chiesa.

In definitiva, è cambiato molto l'amore nei secoli? Non lo so.

Vero che Dante si era scelto Beatrice, innocua icona da contemplare, ma «Amor ch'a nullo amato amar perdona» era un verso dedicato a Paolo e Francesca, la quale cornificava il marito (fratello di Paolo), che li uccise tutti e due, giustamente. Non c'è rosa senza spine, se son rose sfioriranno, e in ogni caso non c'è amore senza una stronza.

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