Il clima? Cambia anche i giardinieri domestici

Il verde domestico cambia aspetto. Al posto del geranio c’è un hibiscus, le rose fioriscono anche a novembre e il ficus benjamin non ha più bisogno di stare al chiuso. Per misurare il riscaldamento climatico oggi è sufficiente affacciarsi in balcone e vi accorgerete di vivere in un paese tropicale. «L’acclimatazione di molte varietà esotiche non presenta più ostacoli di rilievo», spiega un vivaista all’Aventino. Ma ad aver modificato ritmo e abitudini non sono solo le piante di casa. «Fino a qualche anno fa i platani sul lungotevere perdevano le foglie in autunno - racconta Rolando - mentre adesso tocca aspettare perlomeno dicembre».
Prima di diventare il proprietario di un vivaio vicino l’Appia antica, Rolando capitozzava gli alberi d’alto fusto assieme al padre. «I platani sulla via del Mare li potavamo noi - dice con una punta d’orgoglio - e mi ricordo di una delibera dell’Anas che all’epoca stabiliva che i rami andavano tagliati dopo il 31 ottobre. Adesso sarebbe impensabile». Da allora sono passati una decina d’anni, e se volete farvi un’idea di come sono cambiate le cose è sufficiente che alziate lo sguardo mentre siete imbottigliati sul lungotevere.
È stato un cambiamento graduale quello che ha spianato la strada alla boungaville, allo dodonea e perfino allo jacaranda. «Certe specie - esordisce Stefano Ceccarelli, altro vivaista della capitale - non richiedono le cautele di una volta». Una volta, per esempio, c’erano le limonaie e le aranciere, ma gli aranci e i limoni di oggi sembrano non averne più bisogno. L’inverno di questi ultimi anni li scalfisce appena. Semmai, i problemi si verificano in estate. «Il caldo umido di luglio e agosto soffoca i gerani - prosegue Stefano - una pianta che in passato si è sempre adattata bene al nostro clima. L’hibiscus, al contrario, che è una specie tropicale, fiorisce pure a dicembre». Stranezze, che tintinnano come campanelli d’allarme. Gli insetti, poi, strepitano più forte di una sirena. Il punteruolo rosso, tanto per citare uno dei più temibili, sta devastando una a una tutte le palme della città e se è vero che la sua presenza sul territorio si deve all’importazione di piante dall’estero, è altrettanto vero, affermano gli esperti, che una volta arrivato da noi il micidiale coleottero non ha avuto particolari difficoltà ad ambientarsi.

L’aumento della temperatura, infine, costringe le piante a lavorare il doppio. «Vanno in letargo sempre più tardi - sottolineano in un vivaio sulla Prenestina - di conseguenza il periodo che le separa dalla rifioritura si accorcia mano a mano che passano gli anni». Così si presenta il futuro.

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