Confalonieri allontana i gufi anti Cavaliere: «Il tramonto di Silvio deve ancora venire»

RomaIl dopo-Berlusconi è assai «di là da venire» o «non così lontano»?
Dipende dai punti di vista, e se il vicesegretario del Pd Enrico Letta cerca di guardare il bicchiere mezzo pieno (per il centrosinistra), e chiama i fatti a testimoni che «non si può andare avanti a lungo così», assicurando che bisogna prepararsi in tempi brevi a un «dopo» che sarà «deflagrante come la caduta del muro di Berlino», Fedele Confalonieri fredda le sue speranze: macché, il tramonto dell’era del Cavaliere è ancora «molto di là da venire».
Il presidente di Mediaset, solitamente poco presenzialista, ieri non si è negato a convegni e dichiarazioni politiche, spaziando da un dibattito organizzato dai «lettiani» del Pd fino alla irriverente trasmissione La Zanzara di Radio 24. E ha risposto senza peli sulla lingua a ogni domanda. Il caso Ruby, per dirne una? Secondo Confalonieri la storia della liaison del premier con la procace marocchina «non è inventata, qualcosa c’è», e di certo Berlusconi «doveva essere più prudente». Pur concedendo che «può darsi che gli abbiano detto che era la nipote di Mubarak» e che il premier se la sia bevuta. Quanto alle conseguenze giudiziarie, però, «sarà sicuramente assolto», e i metodi dell’inchiesta, «con lui e i suoi ospiti spiati, non sono certo il miglior esempio di giustizia». E dopo questa ultima zampata giudiziaria Berlusconi è finito? Macché: «Deve ancora cominciare - assicura il suo amico Fedele - farà le riforme, a cominciare dalla prima che è quella della magistratura, vedrete». Non che i magistrati siano «tutti comunisti», anzi «molti fanno bene il loro mestiere»; ma di certo «qualcuno con pregiudizi contro Berlusconi c’è», e si vede. Per il Cavaliere, comunque, Confalonieri non vede un futuro sul Colle più alto. Non perché sia inadatto, anzi unfit come sancì l’Economist: «Unfit, un accidente». Piuttosto, lassù si annoierebbe: «Al Quirinale cosa fa? Lì ci deve andare qualcuno che abbia un passato in Bankitalia o qualcosa del genere». Modello Ciampi, insomma.
E la televisione? All’appuntamento con NordCamp, organizzato da Enrico Letta, il capo di Mediaset si confronta in un faccia a faccia con il presidente Rai Paolo Garimberti. E al competitor pubblico Confalonieri riconosce (con qualche ottimismo) un merito: «La Rai sta finalmente tornando a fare servizio pubblico, dopo che per un certo periodo ha voluto scimmiottare noi». Replica Garimberti: «Se molto spesso agiamo come una tv commerciale è perché siamo costretti» dalla mancanza di «finanziamenti certi»: il canone è troppo basso e la percentuale di evasione «sfiora il 30%», e dunque i denari per il gran baraccone della tv pubblica vanno reperiti altrove.

A Confalonieri chiedono se Mediaset si riprenderebbe Santoro: «Ma per carità, costa un’iradiddio!», è la reazione immediata. «Perché portarlo via alla Rai? Le sue sono trasmissioni da servizio pubblico...». E Garimberti, pronto: «Questa dichiarazione sia messa a verbale!».

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