Il consigliere Rcs che alza la voce solo sul palco

SCHIVO L’ex presidente della Corte Costituzionale ieri è salito in cattedra contro il «potere politico»

MilanoTuona contro il potere politico «intollerante». E difende la «libertà d’informazione». La lectio magistralis di Valerio Onida sul palco di piazza del Popolo è perfetta. Perfettamente astratta. Il problema è quando si scende dal piedistallo e si torna nella vita di tutti i giorni. È lì che un anticonformista come Piero Ostellino lo infilza: «Ma Onida di cosa parla? Lui, consigliere d’amministrazione del Corriere della Sera, perché non interviene in quella sede? Perché non pone in quel contesto, in concreto, le sue osservazioni e le sue critiche?».
Punti di domanda che vanno in cortocircuito, ma Onida è fatto così. Giurista raffinato, costituzionalista da sempre, si è innamorato della Consulta al punto di ritenerla una sorta di bocca della verità. C’è un libro, da lui curato, Viva vox constitutionis, che la dice lunga sul suo pensiero: la Consulta è la grande interprete della Costituzione. Sì, come nota malizioso un suo collega di università: «Onida ritiene la Corte un’assemblea di saggi illuminati, menti superiori, gli eletti che devono portare il Paese verso il bene». Con la B maiuscola, naturalmente. Certo, il giudizio rischia di essere parziale. Ma coglie alcuni tratti del personaggio, ancora una volta in contraddizione. Perché queste venature élitarie, quasi da tecnocrate, si amalgamano con le passioni di un cuore che batta a sinistra. E il curriculum, specchiatissimo, si fonde con la storia personale del professore che alla Consulta ci è arrivato su nomina parlamentare, come bandiera del centrosinistra, nel 1996.
Del resto, si sa, se c’è un luogo che vive quotidianamente la contraddizione fra l’essere il tempio dei sacerdoti della giustizia e un campo di battaglia fra diverse fazioni quello è la Corte costituzionale. La nomina di Onida a presidente nel 2004 rispecchia fatalmente quel peccato originale. Onida vince di un’incollatura, 7 a 6, su Carlo Mezzanotte, sponsorizzato dal centrodestra, dopo una prima votazione finita 6 a 5. Chissà, la vita gira così: quando si è sul piedistallo ci si dimentica come si è saliti. Onida si presenta subito schierando al suo fianco proprio lo sconfitto Mezzanotte, parla di collegialità, veste i paramenti sacri del sacerdote supremo.
Si riveste da tecnico. Ma è anche un uomo accorto. Rarefatto e concreto. C’è stato un momento della sua carriera in cui ha insegnato a Sassari, insieme a Gustavo Zagrebelsky e a Ugo De Siervo, pure arrivati alla Consulta fra gli applausi della sinistra. Ma lui, ad esempio, rispetto a Zagrebelsky è più riservato. Impenetrabile. A tratti enigmatico. Schermato. Schermatissimo quando si scende alla politica di tutti i giorni. Solo sulla legge 40 le sue posizioni, liberaleggianti, trapelano. Ma per il resto si tiene sotto coperta, fra libri e codici. E scivola nella vita quotidiana con tratti quasi da boy scout: giacche slabbrate, pedalate per le vie di Milano in sella alla bicicletta, l’impegno come consulente legale per i detenuti poveri a Bollate. Ma è un boy scout che incute soggezione ai colleghi che faticano a dargli del tu.
Oggi, oggi che è emerito e forse un po’ defilato, cede alla tentazione. E parla, lui che è stato solo ieri il presidente della Consulta, in mezzo alle bandiere rosse. Non è il massimo, come non è proprio da standing ovation il salto della quaglia dei pubblici ministeri alla Di Pietro che si candidano per questo o quel partito, vengono catapultati in Parlamento e suscitano retrospettive inquietudini. Del resto, la sua presidenza alla Consulta è stata breve, come tutte quelle degli ultimi anni e questo per un altro vizio del nostro Paese per cui anche a Palazzo della Consulta prevalgono, con un turnover forsennato, criteri anagrafici o ideologici su quello dell’autorevolezza.
Dunque, riecco Onida sul palco. A difendere la libertà di informazione. «Ma in concreto cosa fa - si chiede Ostellino - quando è in consiglio d’amministrazione del Corriere dove ci sono quindici azionisti che litigano? Perché Onida non difende in consiglio la libertà dei cittadini di essere informati, di sapere qualcosa in più sulle leggi, sui regolamenti, sulle sentenze che comprimono le nostra libertà e di cui i giornali non parlano mai? Perché non combatte perché sia nominato un direttore più vicino ai problemi concreti dei lettori, che infatti leggono sempre di meno i quotidiani, e non agli equilibri di potere fra i soci? E poi - è la chiusa polemica dell’ex direttore del Corriere - la libertà d’informazione dovrebbe cominciare dentro la Consulta. Questa manifestazione è stata promossa anche da due ex presidenti della Corte come Onida e Zagrebelsky.

Perché non hanno introdotto, quando guidavano la Consulta, la possibilità di rendere pubblica la dissenting opinion, ovvero l’opinione della minoranza che su un certo tema è stata sconfitta? Sarebbe interessante e salutare conoscere la dissenting opinion quando avremo il verdetto sul lodo Alfano». Ma non sarà così.

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