Così normale eppure così speciale Dopo 20 anni torna Walter Chiari

Un enorme lavoro di archivio restituisce i film scomparsi del comico: una mosca bianca nel mondo dello spettacolo

Così normale eppure così speciale 
Dopo 20 anni torna Walter Chiari

Walter Chiari ha compiuto ottantasette anni martedì scorso. Sta benissimo, suo figlio Simone e Tatti, il suo esploratore, me lo hanno confermato. Posso dunque smentire che lo stesso Annichiarico, detto Chiari, nato a Verona, sia scomparso il giorno venti di dicembre del Novantuno. È una balla, una sarchiaponata, Walter Chiari continua la sua esistenza leggera, elegante, vola alto sulle discariche contemporanee. Lo vedo procedere come un cow boy, la sua postura americana, le spalle alte, il passo deciso ma leggermente dinoccolato, quasi pronto a sfoderare la Colt dalla fondina.
Walter Chiari è una fetta grande di questo Paese piccolo, di qua ci sta lui, fresco e veloce, immediato e dunque poco adatto all’andamento lento del set con i riflettori e il ciak si gira; dall’altra sfila il corteo guidato da Vittorio Gassman che a tutto sa adattarsi e tutto sa interpretare, nel teatro, nella tv, nel cinema e nella vita medesima. Gli ottantasette anni di Walter sono benissimo portati, basta riguardare qualche immagine anche sommariamente, per capire come stiano le cose. Uguale sempre, un colpo di tosse, accennato appena, per mascherare l’imbarazzo e l’emozione, anche questa è una delle sue migliori trovate di repertorio, pure in una barzelletta che, da lui raccontata, è una novella, un atto di commedia; l’eccellente frequentazione della lingua madre, articolata, virtù rarissima in via di estinzione nel cosiddetto popolo dello spettacolo; il fisico bello, audace ma non palestrato seppur adatto e abituato alla palestra, boxe ed altre discipline sportive; la bellezza genuina mediterranea, non paciosa e datata rispetto ad altri sodali tronisti del tempo andato, vedi alla voce «le labbra carnose e lucide» del Brazzi Rossano o «il bimba tu mi piaci» del Nazzari Amedeo, tanto per dire, ma muscoli, sorriso e zazzera veri, al vento, un tipo da spiaggia e da salotto, da spider e da pranzo a corte, maglietta e smoking, insomma tutto quello che un qualunque italiano, non un italiano qualunque, dotato di cuore, cervello e fantasia ama sognare di essere.
Walter Chiari continua a farci ridere e maledettamente piangere, forse perché è lui il primo a divertirsi e a muovere le sue emozioni, perché sa essere normale e diverso al tempo stesso, uomo e attore, spalla e protagonista, ombra e luce, insomma l’artista come si usa dire e scrivere quando si ha il fiato ormai corto e non si hanno vie di uscita. Il passaggio crudele, tossico, bastardo della sua esistenza è qualcosa che non vorremmo mai avere saputo, conosciuto, come se si trattasse di un parente, di un amico prezioso che, improvvisamente, scopriamo altro, diverso. Non è così. La grandezza di Walter Chiari, proprio non riesco a scrivere soltanto il nome, per rispetto, o il cognome solo, per, affetto, sta nella sua normalità assoluta che è la distinzione del fuoriclasse rispetto al personaggio costruito, allestito, messo assieme per rispondere al faro abbagliante dello spettacolo. Fotogrammi: la dolce vita e la vita dolce di Walter Chiari che insegue un paparazzo, la vita buffa di Walter Chiari con il naso e i baffi di Giorgio «Ciccio» De Rege, erano gli stessi, uguali e diversi, sciupafemmine e battutista, purosangue e ciuccio, poco amato dall’intellighenzia (non so che cosa sia ma dicono che esista, ahiloro), perché non schierato, perché figlio della sua appartenenza al regime che fu. Oh che colpe, oh che reati, la sua classe, il suo stile non contano, conta la tessera del partito, conta il pugno chiuso e non il viso aperto, il fosforo della sua cultura, la frequentazione dei grandi della letteratura, l’affabulazione dotta ma non accademica. Ma di chi sto parlando? Di un marziano? Forse, anche se in verità Walter Chiari è assolutamente terrestre e terreno, per me, per Simone, per lo studente studioso Sanguineti Tatti che gli ha dedicato una fetta della propria esistenza, sfogliando libri, riviste, quotidiani, volantini, rovistando in cineteche, bancarelle, archivi, come un bambino, come si deve dinanzi a una figura, a un attore, a un artista (ci risiamo) diventato scomodo, da evitare e dunque evitato, messo nell’angolo, come si fa con certi pezzi di antiquariato, prima di accorgersi del suo effettivo valore.


Milano dice di volerlo apprezzare adesso. Penso che Walter, posso usare il nome soltanto?, continuerà a dormire, lo ha detto lui medesimo, trattasi di sonno arretrato. Noi, finti svegli, non vogliamo disturbarlo con inutile rumore.

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