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Adesso o mai più: via i pm politicizzati

Adesso o mai più: via i pm politicizzati

Il primo risultato dello squarcio nel Csm, che ha messo in luce il mondo di sotto che sovrintende al nostro sistema giudiziario sulla sottile linea rossa che delimita il confine tra la politica e la magistratura, lo ha spiegato qualche giorno fa lo stesso Matteo Renzi a qualche amico fidato. «I comunisti con questa storia hanno fatto un capolavoro sul Csm. Un capolavoro, vero. In sintesi: hanno perso le elezioni e si sono ripresi la maggioranza». In questa frase c'è il ribaltone dentro il Csm, passato da una maggioranza moderata a un'altra che vede insieme le ex toghe rosse di Magistratura democratica con l'anima grillina riconducibile a Davigo: uno schema ratificato anche nel nuovo vertice dell'Associazione nazionale magistrati. C'è lo scontro nel Pd sul caso Lotti, che potrebbe trasformarsi nel prologo della «scissione» renziana. C'è, ancora, la matrice di un nuovo interventismo del potere giudiziario sulla politica, per modellare nuove maggioranze (Pd-5stelle) e azzoppare nuove leadership (Salvini). Elementi certamente importanti, ma solo corollari nel panorama desolante messo in luce dal trojan inserito nel telefonino dell'ex presidente dell'Anm, Palamara.

Il punto è che il disastro investe l'intero mondo giudiziario. Ciò che è successo è la Chernobyl della magistratura italiana, le logiche svelate dall'«affaire Palamara» determineranno nel sistema giudiziario italiano gli stessi danni che il Cesio-137, il materiale radioattivo del nocciolo nella centrale nucleare, causò all'Unione Sovietica: non solo getteranno una patina di sfiducia sulle prossime iniziative giudiziarie che condizioneranno la politica, ma imporranno una rilettura della Storia degli ultimi trent'anni. Un'intera retorica sarà spazzata via, a cominciare da quella frase che ha fatto epoca: «Le sentenze si rispettano, non si commentano». Come pure, alla luce delle riunioni, degli incontri notturni, del lessico che contraddistingue le intercettazioni, assiomi del tipo, «un giudice non deve essere solo imparziale, ma apparire tale», diventeranno pura parodia. Ecco perché chi si è imposto oggi, le redivive toghe rosse o i grillini, potrebbe ritrovarsi in mano la tipica vittoria di Pirro.

Il paragone di Paolo Mieli con il caso dell'ex presidente Lula in Brasile, portato in cella da una «combine» tra la pubblica accusa e un giudice, vicenda che ha avuto come conseguenza la vittoria della destra di Bolsonaro, è solo un primo segnale. Anche perché se c'è un Paese occidentale negli ultimi decenni dove le sorti di questo o quel governo, di questo o quel politico, sono state determinate da vicende giudiziarie, quello è l'Italia. Abbiamo fatto scuola. «Berlusconi veniva preso per pazzo sostiene Sestino Giacomini, consigliere del Cav ma le accuse che muoveva si stanno dimostrando realtà. Come pure la storia dei colpi di Stato, cioè delle iniziative giudiziarie con cui è stato messo all'angolo, che in fondo somigliano a quella che nel 2008 determinò la fine del governo Prodi». «Qui osserva il piddino Umberto Del Basso De Caro bisognerebbe rileggere la storia, a cominciare da quella strana coincidenza per cui tutte le inchieste che riguardarono Craxi all'epoca, passarono per le mani del gip di Milano Italo Ghitti, che consigliava Di Pietro su come doveva impostarle per mettere il povero Bettino agli arresti. Ora si è squarciato il velo. Ecco perché al di là delle resistenze di Mattarella penso che alla fine questo Csm verrà giù». «Se avessero usato un trojan 30 anni fa spiega il forzista Pierantonio Zanettin avremmo scoperto che i due terzi dei responsabili delle procure veniva deciso da Violante e da Magistratura democratica. E magari oggi ci renderemmo conto che il padrone della Cassazione è il segretario che decide i giudici che parteciperanno al collegio di questo o quel processo». «Il Re è nudo si infervora Luca Paolini, il più garantista tra i leghisti se c'è uno scontro all'ultimo sangue per mandare un magistrato in quella procura o in quell'altra, non è certo perché si chiamano chessò sig. Bianchi o sig. Rossi, ma per condizionare i processi. Va riletta la Storia, capire perché Berlusconi è stato condannato dalla sezione estiva della Cassazione composta in quel modo. La verità è che le correnti in magistratura andrebbero messe fuorilegge». Già, la storia di Craxi, di Berlusconi, di Prodi, ma anche delle inchieste sulla Consip o quelle che da mesi coinvolgono la Lega. La verità è che hanno esagerato se un calibro grosso della giustizia italiana ed ex presidente del Senato, Pietro Grasso, grida «allo scandalo» di fronte all'episodio di un magistrato della Corte di appello di Bari che dà un'interpretazione personale della legge elettorale, un unicum a livello nazionale, che porta al Senato un senatore al posto di un altro, mandando a ramengo anche la volontà popolare.

Se questa è l'aria che tira ha ragione Salvini a dire ai suoi: «O la riforma della giustizia la portiamo a casa oggi, o non lo faremo mai». Per la prima volta, con la magistratura in crisi per mania di onnipotenza, la politica potrebbe avere il coltello dalla parte del manico. Oggi ci sarà il primo vertice gialloverde sul tema con il ministro grillino Bonafede e la leghista Giulia Bongiorno. Posizioni distanti, ma tutti sanno che in questa situazione c'è l'obbligo di fare qualcosa. Il primo vorrebbe bloccare la porta girevole che offre ai magistrati la possibilità di andare in politica e tornare indietro. La seconda vorrebbe nuove regole sulle intercettazioni. Eppoi c'è quasi tutto il Parlamento anche un pezzo di 5 Stelle che vorrebbe la separazione delle carriere tra giudici e Pm. Come pure domani, andrà in aula alla Camera, un provvedimento che prevede un'azione disciplinare automatica verso quei giudici che mandano in prigione gli imputati ingiustamente. Insomma, c'è tanta carne al fuoco. Magari Salvini la userà anche per ridurre i magistrati che gliel'hanno giurata a più miti consigli: fa parte dello strano gioco che intercorre tra politica e giustizia, quello svelato dal trojan, che rende complesso il potere da noi; l'intreccio perverso che ha trasformato la magistratura e il suo corrispettivo mediatico - in una sorta di Fato che in Italia determina le fortune o la rovina degli uomini. Un Fato che incombe e condiziona. Favorisce scelte: «La vicenda del Csm e le sue implicazioni osserva l'azzurro Andrea Cangini spingeranno Salvini a non rompere con i grillini, per tenere a bada almeno una parte del network giustizialista». Determina silenzi: da giorni si parla di quel passaggio in auto dato da Palamara a Davigo dopo la presentazione di un libro a cui avevano partecipato entrambi, che, almeno per ora, visto che non se ne ha traccia, rappresenta l'unica occasione in cui quel curioso di un trojan si sarebbe mostrato discreto. Impone nuove abitudini. «Ormai Giancarlo confida un amico del sottosegretario Giorgetti non risponde più al telefono, ma per sicurezza comunica solo con Telegram.

Mala tempora currunt».

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