Cronache

Arriva la stretta sugli stalker: c'è pure il divieto di sguardo

Dalla Cassazione arriva un vero e proprio decalogo delle misure che servono a proteggere le vittime dello stalking

Arriva la stretta sugli stalker: c'è pure il divieto di sguardo

Dal divieto assoluto di avvicinamento e comunicazione alla persona offesa all'"individuazione" precisa dei luoghi cui non deve avvicinarsi. D'ora in poi il giudice che applichi a un indagato per stalking la misura cautelare deve specificare quale sia il comportamento da adottare, questo per consentire l’effettività della misura e per meglio tutelare la vittima. Dalla Cassazione arriva un vero e proprio decalogo delle misure per proteggere le vittime dello stalking.

Applicare il divieto di avvicinamento e di comunicazione, implica un "comportamento specifico", ovvero quello di "non cercare contatti, non avvicinarsi fisicamente, non rivolgersi a lei con la parola o lo scritto, fino al non guardarla (quando o sguardo assume la funzione di esprimere sentimenti e stati d’animo)". Insomma, spiegano gli ermellini, "non fare tutto ciò che lo stalker è solito fare e che i soggetti appartenenti alla detta categoria comprendono benissimo". In questo modo, "la sfera di libertà non è affatto compromessa in maniera indefinita o eccessiva, ma solo nella misura strettamente necessaria alla tutela della vittima". Cosa che non è avvenuta nel caso da cui la sentenza ha origine.

Il tribunale di Venezia aveva comminato a uno stalker la misura cautela del "divieto di avvicinamento ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima", oltre che in due interi paesi. La Cassazione ha annullato qiuesta misura definendola "eccessivamente generica" e quindi non corretta. "L'indicazione generica del luogo interdetto - spiegano i giudici - non è funzionale alle esigenze che si vogliono tutelare, questo sia perché l’obbligato non può sapere quali siano i luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, peraltro normalmente destinati a variare a seconda delle esigenze e delle abitudini della persona, sia perché la misura assumerebbe una elasticità dipendente dalle decisioni (o anche dal capriccio) dell’offeso, a cui verrebbe rimesso, sostanzialmente di stabilire il contenuto della misura".

"È compito del giudice di merito - concludono gli ermellini - stabilire, in base alle concrete connotazioni assunte dalla condotta invasiva dell’agente, se questi debba tenersi lontano da luoghi determinati, in questo caso da indicare specificamente o se debba tenersi lontano, puramente e semplicemente dalla persona offesa; e se una siffatta prescrizione debba essere accompagnata da divieti di comunicare, anche con mezzi tecnici con quest’ultima".

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