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La beffa, domenica si vota per le province abolite

Altro che rottamazione: alle urne sindaci e consiglieri per eleggere le assemblee. Un antipasto di ciò che accadrebbe con il nuovo Senato

La beffa, domenica si vota per le province abolite

L'Italia sembra il paese della magia. Se una cosa non c'è più, riappare all'improvviso. Ma non è magia. L'Italia è il paese dei trucchi. Dove la regola base della nostra politica è: nulla si crea, nulla si distrugge. Non si governa, si fanno giochi di prestigio. Magari in pochi se ne sono accorti, compresi i cittadini, ma domenica si vota. Si vota per le province. Ma non erano state abolite? Appunto. Ma è proprio questo il trucco. Sono state abolite, ma comunque si vota. Abolite, ma per modo di dire. Abolite per la spending review ma si spende lo stesso. Si pensi che per la sola Sicilia la regione autonoma ha stanziato nove milioni di euro per le ex province. Si vota tra il 28 agosto e l'11 settembre a Macerata, Pavia, Mantova, Campobasso, Vercelli, Treviso, Ravenna. E poi per chiudere in bellezza a Cosenza il 23 ottobre. Il trucco è chiamarle elezioni di secondo grado: non votano gli elettori, ma i sindaci. L'obiettivo è eleggere il presidente della provincia, che avrà un vicepresidente e una struttura di governo. Non è una barzelletta, ma il paradosso è esattamente questo. Si vota per un presidente di qualcosa che sulla carta è stato abolito. Il presidente delle province morte. Sembra un racconto di Pirandello o di Buzzati e invece è la fotografia delle riforme istituzionali all'italiana.

La stessa cosa avverrà con il Senato. In teoria se va in porto il progetto di Renzi il Senato scompare. Una sola Camera basta e avanza. Solo che al posto del vecchio Senato ci sarà un nuovo Senato, la differenza è che i senatori non saranno scelti direttamente dai cittadini ma selezionati tra i consiglieri regionali. È un altro trucco. Il prezzo da pagare per questo spettacolo degno di Silvan è che invece di semplificare si rende tutto più complicato. Il referendum diventa allora una sorta di «Sim Sala Bim», lo stesso Silvan tempo fa svelò che la formula magica viene dal ritornello di una canzone danese, ma di fatto nella politica italiana si può tranquillamente tradurre con un «stai sereno». Renzi non l'ha usata solo per Letta, ma ogni volta che ci ha illuso con i suoi giochi di prestigio: da una parte prendo e dall'altra tolgo. Avete presente gli 80 euro? Il trucco è sempre lo stesso. Matteo voleva il referendum non per abolire il Senato ma per farsi battere le mani, con un plebiscito. Ora che teme i fischi vi racconta che non si va a votare per applaudire il mago, ma per il futuro dell'Italia.

Ma questo più che un trucco è una presa per i fondelli. Allora attenzione, se il presidente del Consiglio vi dice «Sim Sala Bim», fa apparire e scomparire le cose, non state per niente sereni. Vi sta semplicemente fregando.

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