Coronavirus

C'è voluta la pandemia per demolire il rigore di una Ue antisovranista

C'è voluta una guerra, quella scatenata dal Coronavirus contro il mondo, per fare cambiare l'Europa

C'è voluta la pandemia per demolire il rigore di una Ue antisovranista

C'è voluta una guerra, quella scatenata dal Coronavirus contro il mondo, per fare cambiare l'Europa. Laddove non avevano potuto i cosiddetti sovranisti, è riuscito il morbo proveniente dalla Cina, a convincere gli Stati europei ad abbandonare la condotta errata che, da Maastricht in poi, li aveva portati a soffocare la sovranità nazionale. Sono infatti due i pilastri del progetto post nazionale dell'Unione europea che pare stiano finalmente per saltare: il trattato di Schengen e il Patto di stabilità e di sviluppo. Il primo si fondava sulla convinzione che, per assicurare la massima libertà di movimento di uomini e merci, si dovessero eliminare le frontiere tra gli Stati. Sparite queste, veniva a cadere uno dei pilastri della sovranità. Nei momenti di emergenza, però, la sovranità, cioè lo Stato nazione, resta l'unica, vera e sola àncora a cui aggrapparsi. E se Schengen era già stato sospeso à la carte da alcuni governi, per esempio quello francese, già prima della crisi migratoria del 2015, ora la pandemia ha fatto crollare il castello: e proprio il centro dell'impero, proprio quella Germania su cui l'Unione europea si è costruita, nel chiudere le proprie frontiere, ha demolito il principio post-nazionale. Allo stesso modo, l'ordine di sigillare le cosiddette «frontiere esterne» rappresenta uno dei più decisi ripudi dell'ideologia europeistica, che aveva sempre teorizzato la permeabilità della Ue anche verso l'esterno, testa di punta di un'utopica «Repubblica mondiale» senza confini. L'altro pilastro post-nazionale del progetto europeistico stava nel Patto di stabilità e di crescita, approvato nel 1997 che, come aveva scritto subito il giurista Giuseppe Guarino, poneva dei vincoli tali ai governi nazionali da rendere impossibile una loro autonoma politica economica. Di stabilità e anche di crescita in realtà il Patto ne ha portata assai poca, ma c'è voluto il disastro della pandemia per spingere la Commissione Ue a pensare di sospenderlo. Ammesso che la proposta non venga bloccata o annacquata, ci auguriamo che una volta sospeso il Patto, esso finisca per sempre nel dimenticatoio: una regola scritta, certo, sulla carta ancora esistente, ma che più nessuno avrà intenzione di rivendicare. Anche in quel caso rimarranno comunque altri vincoli stupidi, inutili e dannosi fissati dalla Ue, ma perlomeno sarà venuto meno uno dei più assurdi e anti democratici. Non illudiamoci però. Se è più facile chiudere le frontiere, assai più irta è la strada della eliminazione del Patto di stabilità, che ha consentito negli anni alla Germania di diventare egemone sul continente. Non a caso le cronache di Bruxelles ci dicono che mugugni vengono dai nordici, olandesi, finlandesi, baltici e così via, che, nella Ue ormai sorta di protettorato tedesco con strapuntino francese, sono solo satelliti di Berlino. Che sul Patto di Stabilità non sembra voler cedere facilmente: peggio, da alcuni consiglieri della Merkel abbiamo sentito chiedere che l'Italia entri nel trattamento Esm, il fondo salva Stati, cioè la troika. Una proposta incredibilmente (e, diciamolo, vergognosamente) sostenuta anche da un ex premier italiano, l'esponente del Pd Enrico Letta. Fosse così, altro che generosità; sarebbe la stessa riservata ai Greci. Quindi stiamo guardinghi, lo stia soprattutto l'opposizione, perché di Conte e Gualtieri, su questo, c'è poco da fidarsi.

Se alla fine invece il Patto di stabilità dovesse veramente morire, assieme al trattato di Schengen, nessuno, ne siamo certi, sentirà la mancanza, né dell'uno né dell'altro.

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