Cara sinistra, sugli appalti Maroni è meglio del tuo Sala

Nessuno, destra o sinistra che sia, ha ragione di dubitare che non ci sia crimine più orrendo che l'incassar tangenti sulla salute altrui

Cara sinistra, sugli appalti Maroni è meglio del tuo Sala

Nessun equivoco. Detto e premesso che se sarà dimostrato dai giudici che qualcuno ha lucrato sulle dentiere degli anziani in Lombardia deve finire per un bel po' a pane e acqua, il resto è la solita chiassosa bagarre della politica politicante. Perché nessuno, destra o sinistra che sia, ha ragione di dubitare che non ci sia crimine più orrendo che l'incassar tangenti sulla salute altrui. E che le continue inchieste su un settore trasformato in mangiatoia (non solo in Lombardia) siano lo specchio peggiore di una società che mostra preoccupanti segni di decomposizione. Civile oltreché morale.Ma poi ci vuole un po' di coerenza. Un minimo.

Quella che di certo manca al Pd che insieme ai «grillini» a 5 Stelle e alla lista civica di Umberto Ambrosoli adesso in Regione chiedono la testa del governatore Roberto Maroni dopo l'arresto del presidente leghista della commissione Sanità Fabio Rizzi. Proprio colui che ha in mano la riforma della peraltro già ottima sanità in Lombardia e che è considerato uomo piuttosto vicino al governatore, tanto che fu uno dei protagonisti della ormai storica notte delle ramazze nella quale i leghisti di rito maroniano, insieme a Matteo Salvini spazzarono via la Bossi family. Oggi a essere nei guai è Rizzi e non c'è dubbio che gli schizzi di fango ora rischiano di sporcare anche l'immagine di Maroni e di un Carroccio che ricompattata l'alleanza del centrodestra intorno alla figura del manager Stefano Parisi, sembra candidato a riprendersi Milano insieme a Forza Italia e a Fdi. Ecco perché al solo sentir il rumore delle manette che tintinnano, a sinistra è scattato il solito riflesso pavloviano: Maroni a casa e si torni a votare in Lombardia. Peccato che lo stesso zelo non sia stato usato per Giuseppe Sala, l'ex commissario Expo oggi candidato dal centrosinistra a diventare sindaco di Milano.

Perché non c'è voluto molto al Pd per dimenticare che tutti i più stretti collaboratori del manager che tanto piace al premier Renzi sono stati arrestati, indagati o addirittura già condannati. La lista è lunga, ma forse vale la pena di rinfrescare la memoria ai giustizialisti a corrente alternata. Perché il braccio destro di Sala e numero due di Expo, il direttore generale di Expo Christian Malangone è stato condannato a quattro mesi per «induzione indebita» nel processo abbreviato per le pressioni per imbarcare in un viaggio istituzionale a Tokyo due collaboratrici di Maroni. Arrestato nell'inchiesta sulla presunta Cupola degli appalti anche un altro strettissimo collaboratore di Sala come Angelo Paris, il direttore della divisione Construction and dismantling (costruzione e smantellamento). L'ex sub-commissario di Expo Antonio Acerbo, invece, arrestato per corruzione e turbativa d'asta, ha patteggiato una pena di tre anni con un risarcimento di 100mila euro a favore della società. E con Expo e dunque Sala avevano a che fare anche l'arrestato Antonio Rognoni, l'ex direttore generale di Infrastrutture Lombarde e il pool di super avvocati impegnati nella stesura degli appalti per i lavori dell'esposizione.Ricapitolando: intorno a Sala sono finiti nella maglie della giustizia tutti gli uomini chiave al lavoro con lui per l'Expo: Malangone, Paris, Acerbo, Rognoni.

Eppure per Sala dal Pd non è arrivata nessuna richiesta di dimissioni, ma anzi la medaglia della candidatura a sindaco di Milano. Per Maroni, invece, l'arresto di un leghista fa scattare ancor prima del processo il riflesso condizionato. Due pesi e due misure. Come sempre a sinistra.

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