Costrette a pagare il pizzo per prostituirsi: 9 arresti a Napoli

Le "lucciole" dovevano pagare il pizzo per battere i marciapiedi nella zona orientale di Napoli. Nove arresti per estorsione, usura e favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Una donna a capo del gruppo criminale.

Costrette a pagare il pizzo per prostituirsi: 9 arresti a Napoli

Se volevano battere quei marciapiedi, le transessuali dovevano versare una somma fissa di 30 euro. Le donne originarie dell’Europa dell’Est, invece, erano costrette a corrispondere una percentuale sui proventi, in caso contrario sarebbero state picchiate. Queste erano le regole a cui doveva sottostare chi voleva prostituirsi nella zona a est di Napoli. La strada era praticamente finita sotto il controllo di un gruppo di criminali, che decideva come gestirla: stabiliva a chi affidarla, come spartirla e quanto doveva pagare chi voleva occuparla. La gang è stata scoperta dai carabinieri.

I militari dell’Arma hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Napoli nei confronti di otto persone: Annalisa Improta, 54 anni, Gabriele Palumbo, 44enne di Casalnuovo già agli arresti domiciliari per altra causa, Luigi Barile, 25 anni, Sergio Sapienza, 50enne, Daniele Noviello, 44enne, Francesco Mazzarella, 25enne, Antonio Sarnelli, 32enne già in carcere per altro, e Vincenzo Campolongo, 40enne di Santa Cecilia di Eboli (Salerno). Hanno poi catturato un nono soggetto, che era risultato irreperibile al momento del blitz: il 35enne Vincenzo Micale. (guarda il video).

Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata all’estorsione e all’usura, e di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Alle indagini hanno lavoro i carabinieri della compagnia di Poggioreale, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. L’attività investigativa ha permesso di appurare che l’organizzazione praticava anche lo strozzinaggio: venivano concessi prestiti di denaro su cui si applicavano tassi di interesse usurai.

A capo del gruppo, che aveva legami con esponenti apicali del clan camorristico dei “Mazzarella”, vi era una donna residente nel quartiere orientale di San Giovanni a Teduccio. I suoi sodali si occupavano di riscuotere il pizzo dalle "lucciole" e di sorvegliarle, controllarne gli spostamenti e gli orari. E se le “regole” non venivano rispettate scattavano violenze e minacce. Uno degli indagati si occupava anche di gestire un giro di prostituzione in rinomate località turistiche campane, in particolare a Ischia e a Sorrento.

L'uomo prendeva in affitto degli immobili e li metteva a disposizione delle prostitute che in quegli spazi offrivano prestazioni sessuali secondo i tempi e le tariffe da lui stabiliti. I clienti li procacciava pubblicando inserzioni pubblicitarie sul web.

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