Coronavirus

"È un grosso enigma". Perché la variante delta può cambiare tutto

La variante indiana (o delta) rinvia il "Fredoom day" in Gran Bretagna. In Italia si teme per la sua capacità di eludere (in parte) la protezione dei vaccini: ecco cosa dicono gli esperti e cosa potrebbe accadere

"Grosso enigma". Perché la variante delta può cambiare tutto

La Gran Bretagna era ad un passo dal "liberi tutti" ma Boris Johnson prende tempo e rinvia di quattro settimane il giorno del 'Freedom Day' inizialmente previsto per il 21 giugno: la variante indiana (o Delta) fa paura dopo la nuova impennata di nuovi casi (7.490 in 24 ore) in aumento del 49% rispetto, e otto decessi.

Perché la variante preoccupa

Anche la Scozia doveva passare ad un livello di zero restrizioni nei prossimi giorni, il 28 giugno, ma il primo ministro scozzese Nicola Sturgeon prende tempo e nelle prossime ore deciderà se adottare la linea Johnson a meno. Se in Italia la situazione è ancora sotto controllo, le prime avvisaglie della pericolosità della variante indiana si sono avuti a Milano, all'interno di una palestra Virgin, dove sono risultate positive dieci persone di cui una, con certezza, colpita da questa mutazione del virus nonostante avesse già completato il ciclo vaccinale. L'esito del sequenziamento dirà se, nei prossimi giorni, anche gli altri pazienti colpiti avranno contratto la variante indiana. A preoccupare è l'elevata trasmissibilità simile alla variante sudafricana (60% in più rispetto alla variante inglese) ma soprattutto la capacità di sfuggire ai vaccini che preoccupa maggiormente gli esperti. "Se la persona era completamente immunizzata, questa cosa merita uno studio per capire cosa è successo: vedere intanto lo stato immunologico, se ci fossero altre patologie che non conosciamo o se invece è una semplice resistenza al vaccino e indubbiamente dobbiamo prepararci a un problema", ha affermato Guido Rasi, ex direttore Ema e consulente del commissario per l'emergenza Covid Figliuolo, nel corso della trasmissione Agorà. "Questa palestra deve diventare un prototipo di studio per capire come sia avvenuto il contagio, perchè sembrava una palestra organizzata in maniera seria, il che preoccupa ancora di più. Va capito - ha spiegato - non puo sfuggirne di farlo diventare un prototipo di studio, una modellistica. È vitale per la ripresa di tutte le attività".

I rischi per l'Italia

L'Italia è il secondo Paese in Europa (dopo la Germania) per numero di vaccinazioni, la media di 500mila inoculazioni al giorno è ormai di routine e la gente ha acquisito un minimo di sicurezza in più dopo un anno e mezzo di sofferenza. La variante indiana, però, rischia di sparigliare le carte in tavola o riusciremo a tenere sotto controllo quest'ennesima mutazione del Covid? "È un grosso enigma" e occorre "vedere se provoca una forma di influenza o una malattia grave, va studiata molto bene e occorre sequenziare molto", ha aggiunto Rasi. Preoccupato anche il Prof. Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell'ospedale San Martino di Genova. "La situazione inglese ci deve preoccupare perché dobbiamo sorvegliare e far si che non esistano dei cluster da variante indiana, serve un'attenta sorveglianza che con i numeri attuali italiani (1.000-1.500 positivi) possiamo sequenziare tutti i nuovi contagi e verificare se c'è la variante", ha affermato all'AdnKronos. Quello che potrà accadere, come si può vedere, è di difficile interpretazione: l'ultimo report dell'Iss che risale, però, al 18 maggio, parla di una prevalenza dell'1% della variante indiana in Italia, una percentuale che non deve far spaventare ma che potrebbe essere aumentata con il passare delle settimane. Fortunatamente, al momento, nell'andamento dei casi giornalieri e dei decessi non si vedono variazioni allarmanti con i numeri che diventano sempre più bassi.

Cosa ci attende

Se il primo ministro britannico Boris Johnson ha affermato che quella in atto "è una gara tra i vaccini e il virus, e i vaccini vinceranno" perché "è solo una questione di velocità", il vero pericolo per l'Italia non è tanto di contrarre un virus più potente e pericoloso ma che si possa insinuare tra le persone non ancora vaccinate o quelle che hanno ricevuto soltanto una dose: sono le "crepe" di cui parla il Prof. Fausto Baldanti, direttore del laboratorio di virologia del San Matteo di Pavia, in un'intervista a Repubblica. "Per essere protetti servono due dosi, il dato ormai è chiaro. Il caso inglese è la conferma più lampante", ha affermato l'esperto riferendosi all'aumento dei casi in Gran Bretagna di cui abbiamo parlato in apertura. I rischi maggiori, in questa situazione, li corrono i malati di tumore, le persone sottoposte a trattamenti che sopprimono le funzioni immunitarie ed i pazienti in dialisi rischiano di non ricevere tutti i benefici del vaccino: in Italia potrebbero essere fra mezzo milione e un milione di persone, su di loro la variante indiana potrebbe fare danni gravi. E poi, l'aumento delle zone bianche ed il "liberi tutti" dell'estate, unito alla ripresa dei viaggi, potrebbe portare il nuovo ceppo anche da noi con una rimonta dei contagi nel periodo autunnale come è accaduto lo scorso anno, con il virus che è "rientrato" da Spagna, Grecia e Croazia con il turismo estivo. "Per evitare che i pazienti fragili o quelli che non rispondono ai vaccini rischino a causa della variante delta, potrebbe essere necessario vaccinarli con una terza dose" sostiene Baldanti. Navighiamo a vista: nessuno ha la sfera di cristallo, non sappiamo cosa cambierà da qui ad una, due o tre settimane.

Non bisogna scoraggiarsi ma continuare a rimanere attenti e protetti.

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