Le ferite più profonde non si vedono sui muri delle case o dei capannoni industriali. Si nascondono nei cuori e nella mente dei terremotati. E sono più difficili da curare. Servirà tempo e pazienza per scacciare via le ansie e la paura di questo disastro della natura. I più fragili sono i bambini, che soffrono in silenzio. Di giorno giocano nelle tendopoli, socializzano tra di loro, corrono dietro a un pallone come se l’area attrezzata fosse un piccolo campo di calcio. Ma di notte anche i più grandicelli devono fare i conti con la terra che continua a tremare e diventano capricciosi, dormono poco e quando dormono si fanno la pipì addosso. Come quando erano piccoli piccoli.
La situazione preoccupa igenitori che cercano conforto e spiegazioni dagli psicologi ormai da giorni piazzati a Finale Emilia e a Mirandola. Sono in tutto una settantina, mandati dall’Ausl di Modena e coordinati da Paolo De Pascalis. «I bambini vivono una fase regressiva e i genitori si sentono in colpa per non essere in grado di aiutarli». Grete Pozzetti, che segue i bambini a Mirandola, riscontra una simbiosi eccessiva con la mamma nei più piccoli, inappetenza e disturbi del sonno per i più grandicelli. E anche i loro disegni riflettono un profondo disagio. «Raffigurano il loro territorio prima del terremoto, oppure i genitori preoccupati, le ferite fisiche o la casa con le crepe. Qualcuno disegna anche la casa che verrà ricostruita». I sogni dei bambini sono spesso legati al rumore: quelli che non parlano dicono «bum, bum» per far capire cosa li disturba. I più grandi ricordano delle immagini: i crolli interni nelle case, le ferite a causa dei vetri nei piedini, la ricerca dei genitori durante il crollo.
Oppure il sangue sulla fronte, un braccio che non si muove. E non si lasciano andare al sonno profondo. Dopo ogni scossa restano svegli per ore. Cedono solo per sfinimento. Gli adolescenti invece l’hanno presa molto meglio. Per loro il terremoto è soprattutto il dramma della mancanza di contatto con il mondo esterno. «Un ragazzino era disperato – racconta lo psicologo –mi diceva:come faccio a comunicare con gli altri? Non mi funziona internet!». I giovani dunque si trovano catapultati nell’incertezza. Ma anche tra gli adulti regna il disagio. E sono le donne a esternare di più le proprie ansie. «Una signora di mezza età aveva sviluppato una fantasia orribile – racconta l’esperto – la sua casa era stata fagocitata dalla terra e inghiottiva tutto, lei, i familiari, le sue cose».Un’altra signora invece si è presenta nel centro di ascolto del campo di Finale assalita dai sensi di colpa. Alle prime scosse del terremoto si era catapultata fuori dalla casa incurante degli altri familiari.
E questo l’ha fatta sentire a posteriori una grande egoista. Dinnanzi allo psicologo ha ammesso: «Adesso comprendo perché il capitano Schettino è scappato dalla nave. Io l’ho sempre disprezzato per il suo gesto el’ho condannato per aver abbandonato la nave e poi mi sono ritrovata a fare la stessa cosa, a scappare, incurante dei miei cari…» Ma davvero la sua reazione è quella di una persona codarda? «Assolutamente no –spiega De Pascalis – Noi le abbiamo spiegato che la sua reazione è normale in rapporto a un evento anormale. Così l’abbiamo aiutata a rileggere il suo comportamento in una chiave diversa e le abbiamo spiegato che la paura è un sentimento che paralizza». Non tutti però sono attanagliati dal terrore che la terra tremi ancora. Gli anziani, per esempio, riescono anche a ironizzare di fronte allo sfacelo.
«Ne abbiamo viste di brutte nella nostra vita – racconta allo psicologo una nonnina –Erano peggio le bombe che rischiavano di arrivarci in testa in tempo di guerra». Ma il rumore del terremoto disturba un po’ tutti. Compresi gli uomini che da quelle parti non si fermano troppo a pensare, vogliono già ricostruire. Solo di notte li assale la paura per «quel rumore lì» che non vogliono più sentire.
E rimangono con gli occhi spalancati, assaliti da un sentimento di rabbia e vergogna. Molti non vogliono tornare nelle case. Agli psicologi dicono di aver paura a rientrare nella propria casa ma il sentimento più profondo è quello di rabbia verso la propria terra, non più amica ma traditrice.
Passerà la paura? «Certo, ma serve del tempo- spiega De Pascalis- Questi stati acuti tendono spontaneamente a rientrare entro quattro settimane dall’evento. Il nostro cervello li domina. Ma la gente deve concedersi un po’ di tempo per dimenticare».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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