Politica

Feltri si dimette da giornalista

Perseguitato da anni, il direttore lascia l'Ordine per poter scrivere ancora. Così il soviet del politicamente corretto uccide la libertà

Feltri si dimette da giornalista

Vittorio Feltri non è più giornalista, non nel senso giuridico del termine. Dopo cinquant'anni di carriera si è dimesso dall'Ordine rinunciando a titoli e posti di comando nei giornali, compreso nel suo Libero (lo fondò nel 2000). Perché lo abbia fatto lo spiegherà lui, ma io immagino che sia una scelta dolorosa per sottrarsi una volta per tutte all'accanimento con cui da anni l'Ordine dei giornalisti cerca di imbavagliarlo e limitarne la libertà di pensiero a colpi di processi disciplinari per presunti reati di opinione e continue minacce di sospensione e radiazione.

Dovete sapere che per esercitare la professione di giornalista bisogna essere iscritti all'Ordine - inventato dal fascismo per controllare l'informazione - e sottostare alle sue regole deontologiche, che oggi vengono applicate con libero arbitrio da colleghi che si ergono a giudici del pensiero altrui in barba all'articolo 21 della Costituzione, che garantisce a qualsiasi cittadino la libertà di espressione in ogni forma e con ogni mezzo. In pratica puoi fare il giornalista solo se ti adegui al pensiero dominante, al politicamente corretto. Chi sgarra finisce nelle grinfie del soviet che, soprattutto se non ti penti pubblicamente, ti condanna alla morte professionale.

A quel punto sei fritto: nessun giornale può più pubblicare i tuoi scritti e se un direttore dovesse ospitarti da iscritto sospeso o radiato farebbe automaticamente la stessa fine. Se invece ti dimetti dall'Ordine, è vero che non puoi più esercitare la professione - e quindi neppure dirigere -, ma uscendo dal controllo politico puoi scrivere ovunque, senza compenso, come qualsiasi comune cittadino. In sostanza. Per potere continuare a scrivere, Vittorio Feltri - immaginando di essere di qui a poco ghigliottinato, penso io - ha dovuto rinunciare al suo mestiere. Non è un bel giorno per la categoria, che formalmente perde uno dei giornalisti che - piaccia o no - hanno scritto la storia di questo mestiere, successo dopo successo, da trent'anni a questa parte sia come penna sia come direttore. Feltri non è una voce ingabbiabile dentro regole ipocrite e convenzionali? Certo, è per questo che piace. Ogni tanto va sopra le righe? Sì, ma non più di altri ai quali, essendo di sinistra, mai nulla viene contestato. Ha un brutto carattere? Di più, ne sono testimone, ma ben vengano uomini di carattere.

Io mi auguro che le centinaia di colleghi ai quali negli anni Vittorio Feltri ha offerto lavoro e insegnato un mestiere, oggi abbiano un sussulto di orgoglio, e da uomini liberi facciano sentire la loro voce; mi auguro che i suoi oppositori aguzzini si vergognino della loro squallida miseria culturale e professionale; mi auguro che Carlo Verna, presidente dell'Ordine - quindi di tutti i giornalisti, non solo di quelli di sinistra - abbia la forza di rifiutare le dimissioni e garantire a un grande collega la libertà che merita, perché se così non fosse da oggi nessuno di noi potrà sentirsi al sicuro.

E auguro a Vittorio Feltri di scrivere liberamente, anche da non giornalista, fino a che Dio gliene darà la forza.

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