Liliana Resinovich e la scoperta sul dna: "Non è il loro"

Il dna maschile rilevato sul cordino dei sacchetti in cui era infilata la testa di Liliana Resinovich non appartengono né al marito né all'amico

Liliana Resinovich e la scoperta sul dna: "Non è il loro"

La traccia di dna maschile rilevata sul cordino dei sacchetti che stringevano il collo di Liliana Resinovich, la 63enne scomparsa da Trieste il 14 dicembre e ritrovata senza vita il 5 gennaio in un boschetto vicino all'ex ospedale psichiatrico, non appartiene a nessuno dei tre uomini sui cui si erano addensati i sospetti della procura. Resta in piedi, dunque, l'ipotesi del suicidio mentre sfuma la pista delittuosa.

Il "giallo"

Aleggia un alone di mistero sulla morte di Liliana Resinovich. Se non altro per le "circostanze anomale" in cui è stato rinvenuto il cadavere più che per gli eventuali, altri retroscena del caso. La 63enne è stata ritrovata senza vita in un'area boschiva di Trieste, distesa in posizione fetale, con il capo infilato in due sacchetti di nylon stretti al collo con un cordino. Gli esami autoptici hanno confermato l'ipotesi del soffocamento escludendo altre cause. Sul corpo della donna non sono stati rilevati segni di "traumi da mano altrui atti a giustificare il decesso", aveva precisato il procuratore Antonio De Nicolo, a capo dell'inchiesta, con un comunicato diffuso lo scorso gennaio. Tuttavia, per fugare ogni dubbio di sorta, gli inquirenti hanno affidato l'esame dei reperti - compresi i due sacchi biodegradabili in cui era avvolto il cadavere - alla Scientifica. I periti hanno individuato una "traccia debole" di Dna maschile sul cordino che stringeva il collo di "Lilly" circostanza che aveva avvalorato la pista delittuosa (mai suffragata da elementi significativi, in realtà).

I tre dna maschili

Per non lasciare nulla di intentato, la procura ha deciso di procedere con gli accertamenti del caso. Dunque la traccia genetica è stata comparata con quella dei tre uomini vicini alla vittima (nessuno è stato mai iscritto nel registro degli indagati, ad onor del vero). Il primo è Sebastiano Visitin, fotoreporter in pensione nonché marito della 63enne, su cui si sono addensati i sospetti degli investigatori. Poi l'amico di Lilly, Claudio Sterpin, che la donna conosceva da circa quarant'anni e aveva ripreso a frequentare nei mesi precedenti alla scomparsa. E infine il vicino di casa, Salvatore Nasti, il carabiniere in pensione che aveva segnalato il boschetto dove poi è stato rinvenuto il cadavere. Ma l'esito del match genetico ha escluso che la traccia biologica sul cordino appartenga a uno dei tre.

Al momento la pista più attendibile, per quanto anomala, resta quella del suicidio. "Difficile da immaginare ma non impossibile - riferiscono fonti investigative al Corriere.it - Bisogna considerare che i sacchi non erano chiusi".

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