Salvini chiama le piazze

«Mi difenderete voi dal ribaltone degli sconfitti M5s-Pd e dagli agguati dei pm sui migranti. E sull'Europa posso cambiare idea...»

Salvini chiama le piazze

Ministro Salvini, dieci giorni fa su Repubblica la definivano «capo dei barbari», ora Saviano dice che sulla Open Arms finirà in carcere. Ci spiega cosa succede?

«Riassumo in trenta secondi una vicenda che non accadrebbe in nessun altro Paese al mondo: una nave spagnola di una Ong spagnola 17 giorni fa raccoglie 150 immigrati in acque libiche. Arriva in acque internazionali e maltesi e fa ricorso al Tar del Lazio chiedendo di entrare in acque italiane. Il tribunale (italiano) dà loro ragione, cancella il Dl Sicurezza e dice che la nave spagnola in acque maltesi deve arrivare qui».

Surreale.

«Non è finita. Ci dicono che devono sbarcare 13 malati gravi. Li visitano e si scopre che non ce ne sono. Si appellano al Tribunale dei minori (italiano) e dicono che ne vanno sbarcati 17. Chiedo di dimostrarlo, il premier li fa sbarcare comunque e toh, in nove si scoprono maggiorenni. Oggi (ieri, ndr) l'emergenza sanitaria: salgono a bordo i medici e la smentiscono».

Anche Madrid se l'è presa con lei.

«Il premier spagnolo dice di andare in Spagna. E la nave spagnola risponde che vuole stare qui perché la Spagna è lontana e che ci va solo se una nave militare italiana prende in carico i migranti e li porta laggiù. Se fossi ministro della Difesa accetterei al volo. Ma come ministro dell'Interno sa cosa faccio? Non faccio sbarcare nessuno perché non siamo il campo profughi d'Europa».

Mi sembra difficile che la Trenta le faccia questo favore. C'è un problema politico?

«Beh, è evidente. E non solo su questo! Perché se qualcuno pensa di fare un governo con Renzi, Boschi e Prodi deve passare sul mio corpo».

Appunto. Martedì (domani, ndr) è il giorno decisivo. Ci sono tre strade possibili: cade il governo ma voi e i 5 Stelle ci riprovate. Seconda: cade il governo e se ne fa uno con una diversa maggioranza. Terza: si va a votare. Come va a finire?

«Fossimo una democrazia normale non avrei dubbi: demos e kratos, potere al popolo. E non dico quelli con le bandiere rosse là fuori. Siamo una Repubblica fondata sul lavoro e le istituzioni democratiche, se cade il governo la cosa migliore è chiedere agli italiani chi vogliono li governi per i prossimi 5 anni».

Se fossimo un Paese normale...

«Lo so bene. L'ho scoperto in questi dieci giorni e sono contento di averlo fatto venire a galla: per qualcuno la poltrona conta più della democrazia. Siamo tutti in mano a una trentina di senatori renziani. Neanche del Pd, di un pezzo del Pd. Sanno che se si va alle urne non li vota nemmeno il loro babbo. Per questo sono disponibili a votare pure il governo di Pippo, Pluto, Topolino e dei Fantastici 4».

A quali condizioni e con che percentuali di successo è possibile per la Lega riallacciare l'alleanza coi 5 stelle?

«Martedì (domani, ndr) alle ore 15 l'ordine del giorno in Aula recita: comunicazioni del presidente del Consiglio. Non si sa cosa vuole comunicare...».

Verrà a parlare male di lei!

«Probabile, è uno sport diffuso e non sarebbe l'unico. Perfino padre Bartolomeo Sorge ha detto che come la mafia tengo in mano il popolo con la paura e odio...».

Dicevamo di Conte.

«Vado in Senato e ascolto le comunicazioni. Dirà che la loro strada è al fianco del Pd? Me li vedo a riformare le banche con la Boschi, la giustizia con Lotti, il lavoro con Renzi e l'Europa con Prodi... Io vado in Aula senza pregiudizi. Certo, ho un'idea di fondo: sono stati troppi i no nell'azione di governo: no Tav, no autonomia, no riforma del fisco, no riforma della giustizia, no metano, no gasolio. Bisogna passare ai sì e salvare le imprese. Perché un governo Pd-M5s non è un problema per Salvini, ma per l'Italia, perché farebbe scappare le ultime imprese che hanno resistito finora in questo Paese dei cavilli».

Cosa dovrebbe dire Conte per convincerla?

«Voglio ascoltarlo, sono abbastanza laico da recepire i messaggi. Se il mood non cambia è difficile cambiare idea. Decide Mattarella, ma sarebbe folle mandare al governo le minoranze battute alle urne. Il governo degli sconfitti è una truffa per gli italiani».

Quando però lei ha aperto la crisi, sapeva che - nonostante il consenso enorme nel Paese - in Parlamento le sarebbe stato impossibile impedire l'alleanza Pd-M5s. Non ha fatto questo calcolo?

«Lo sapevo perfettamente, ma se devo passare il tempo a rispondere agli attacchi degli alleati, non faccio il ministro. Sapevo anche che gli abboccamenti fra Pd e M5s andavano avanti da tempo, ma non pensavo che in una settimana cambiassero idea così. Di Maio diceva che il Pd era il partito di Bibbiano e il Pd querelava: cosa fanno, il primo Cdm lo fanno a Bibbiano? Ho visto parlamentari dem disperati che speravano andassi avanti per continuare a portare a casa lo stipendio».

Mai pensato di dimettersi e ritirare i ministri?

«Non do questa soddisfazione ai compagni. Di sicuro non lascio il Viminale, perché difendo i confini e la sicurezza di questo Paese con le unghie e con i denti. Se avessimo lasciato, i migranti di Open Arms sarebbero sbarcati 10 giorni fa. Abbiamo tenuto i rompiballe a difesa dei confini».

Passiamo a un'altra ipotesi: le urne. Lei sul Giornale ha proposto agli alleati di andare oltre il vecchio schieramento del centrodestra, ma di tornare comunque insieme. L'hanno presa con freddezza. Dunque, come pensa di andare alle elezioni? Da solo?

«Vediamo questa settimana come va. Ho accettato la sfida grillina di tagliare i parlamentari e andare al voto e si sono tirati indietro. Guardi, oggi in spiaggia mi hanno passato al telefono una bimba di 11 anni che mi ha chiesto perché non si va a votare. A 11 anni. Chi ha paura del popolo è perché ha la coscienza sporca».

Che cosa ha in mente lei?

«Leggo che i 5 Stelle si sono ritrovati nella villa di Grillo a stabilire che io non sono affidabile. Quelli che domattina andrebbero al governo con Renzi & Boschi... Comunque io penso a un'Italia del sì e spero che tanti rispondano all'appello. Ma senza vecchie formule. Chi ha fatto 37 legislature sta a casa e lascia posto ad altri. Il cacciucco si mangia a Livorno, non nelle liste. Il programma è semplice: riforma del fisco, della giustizia...».

E se al governo salgono gli altri?

«Sarebbe la via più semplice. Prego, fate voi. Ma c'è un'emergenza ed è quella fiscale. La prima cosa da fare è tagliare le tasse, invece sento parlare di salario minimo, reddito di cittadinanza...».

I giorni scorsi il suo sottosegretario Garavaglia ha detto che il 70% di chi ha richiesto il reddito non ne ha diritto. Le risulta?

«A Ferragosto ero a Castel Volturno, coi cittadini perbene contro camorra e mafia nigeriana. È la seconda città italiana per percentuale di assegni di cittadinanza dopo Casal di Principe. Un conto è aiutare chi ha bisogno, un altro è redistribuire la ricchezza finché si esaurisce e finiamo tutti nella stessa palta, come diceva la Thatcher».

L'ipotesi maligna è che lei si sfila perché non ci soldi per una manovra fiscale e lei non può rispettare gli impegni sulla flat tax.

«È il contrario. Vorrei che gli italiani votassero a ottobre, così a novembre c'è un governo e a dicembre abbiamo una manovra che taglia le tasse a milioni di italiani. Non amo scappare nelle difficoltà. E non smanio dalla voglia di vedere un governo con la Boldrini che fa ius soli e patrimoniale».

Dove li trova i soldi?

«I soldi ci sono. In Italia, non altrove. Semplicemente ci sono alcune regole studiate a tavolino anni fa che oggi non hanno più senso, e infatti non sono rispettate né dalla Francia né dalla Germania. I soldi con cui abbassare le tasse non sono di altri Paesi, ma sono nostri soldi che ci costringono a non usare. Per ridurre il debito o riparte l'economia, o alzi le tasse e tagli i servizi. Come ha fatto la sinistra di Rossi in Toscana, che ha chiuso ospedali su ospedali».

E Bruxelles?

«Se si punta su investimenti e opere pubbliche penso che possiamo andare in Europa a trattare. Servono due miliardi per scuole e ponti: qualcuno mi dice di no? O ripartiamo adesso oppure qualcuno può tornare per terminare l'opera di svendita delle imprese italiane alle multinazionali straniere. Il dubbio mi viene».

Ma non sarebbe stato meglio non chiamarsi fuori dalla Ue?

«La Von der Leyen è l'ennesima presidente scelta a tavolino da Merkel e Macron: sulla carta non può certo rappresentare 60 milioni di italiani. Mi deve convincere coi fatti. Su economia e migranti le prime avvisaglie non sono il massimo. Ma io con i fatti posso cambiare idea...».

Intanto siete fuori da tutto.

«Siamo il movimento politico più votato e non abbiamo preso neanche mezza vicepresidenza. Tutti hanno qualche ruolo: presidente del Parlamento è perfino uno del Pd! Ma se devo mettermi al tavolino per raccogliere le briciole in un contesto che ci tratta da servi, io non mi siedo. O cambia il tavolo, o al tavolino non mi siedo».

Siamo alla terza ipotesi: un governo «Dentro-tutti-tranne-la-Lega». Qualcuno dice che anche Forza Italia potrebbe aderire perché si sente snobbata da lei...

«Prodi lo ha detto chiaramente: facciamo il Governo Ursula. Ma voi riterreste normale un governo Pd-M5s-Fi? Non per me eh, ma per l'Italia. A tutti queste ipotetiche maggioranze, da italiano chiederei: al governo per fare cosa? Che manovra? A meno che la risposta non sia: per buttare fuori Salvini e la Lega».

Lei al 40% fa paura. Ma è legittima anche la domanda: la Lega riapre ai 5s per fare cosa, dato che finora avete fatto poco?

«Conte è ancora il mio premier, anche se ormai abbiamo un rapporto solo epistolare. Martedì (domani, ndr) comunica e io a mente aperta voglio ascoltare. Magari mi stupisce. Se dice flat tax domattina, perché no? Non assolvo né condanno nessuno. Ma abbiamo parlamentari che rispondono agli elettori. Io ho fatto un esercizio di pazienza notevole senza rispondere agli insulti dei Di Battista e Toninelli di turno. Non sono pagato per litigare ma per fare. Per questo tengo il cellulare acceso anche qui. Oggi dalla Open Arms in 5 si sono tuffati per protesta e li hanno recuperati. Non mi sorprenderebbe una richiesta di processo contro di me nei prossimi giorni. A quel punto conto su di voi...».

Conta su di loro, ma li consegna a Prodi e Boldrini...

«Farò tutto quel che è umanamente possibile per impedirlo. Ma nessuno mi toglie l'idea che i tentativi andassero avanti da parecchio, certe cose non succedono a Ferragosto mentre mangi il cocomero. Portate pazienza. Quel che farò, lo farò perché penso sia il meglio per l'Italia. Non mi appello alla Vergine Maria perché poi qualcuno si offende».

È oggettivo che ha avuto pazienza, anche noi da sempre critici con la sua scelta di allearsi con i grillini lo ammettiamo. Non pensa di aver fatto qualche errore?

«Dieci al giorno almeno! Chi fa sbaglia. Anche tu, direttore, quante volte mi hai scritto di staccare la spina? Si filosofeggia sui se e sui ma, però quando c'è il rischio di rivedere Renzi al governo si va avanti e indietro non si torna».

Se Renzi andrà al governo, ce lo avrà portato Di Maio. Come fa a tornare con lui?

«In Senato dirò che se viene meno il governo la via maestra non è un esecutivo raffazzonato. Qualunque ipotesi alternativa si fonda sul tiriamo a campare per pagare il mutuo, eleggere il prossimo presidente della Repubblica, fare le nomine di Eni ed Enel e il commissario Ue. Invece noi qui parliamo di progetti seri come flat tax e riforma della giustizia. Nel frattempo, qualcuno sta decidendo cda e poltrone a tavolino. Facciamo l'accordo se ci date 30 posti o 40».

Come impedirlo?

«Sono molto chiaro: in Parlamento non abbiamo i numeri per fermare un accordo basato sulla spartizione di potere e poltrone. Sta solo al presidente della Repubblica valutare se questi governi arlecchino rispondano alla volontà del popolo. Se prendono il potere nei palazzi, noi andremo pacificamente in piazza per chiedere di poterci esprimere nelle urne, perché in ballo c'è la sovranità popolare. Un governo che non risponde al popolo dipende da Bruxelles, Berlino o Parigi».

Lascio a lei le conclusioni.

«Così come De Andrè diceva che la sua canzone più bella la doveva ancora scrivere, io la cosa migliore non l'ho ancora fatta, ma spero di farla. La piccola Lega partita dal 3% è ora il pericolo d'Europa. Con la stessa umiltà e onestà io vado avanti. Senza poltrone? E che problema c'è? Non ci spaventa. Spero solo che il Parlamento italiano ragioni e voti con coscienza. Che qualcuno anteponga l'interesse e il futuro del Paese a quelli personali. Mai dire mai.

Il popolo ha votato in maniera evidente e un governo dei perdenti è squallido. Io per qualità di vita ne guadagnerei: starei coi miei figli e contesterei quel che fanno altri. Ma ho dimostrato che volere è potere e finché avrò energia darò l'anima per dare un governo serio a un popolo serio».

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