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Il senso dell'equilibrio

Dopo il tragico e straziante naufragio di Cutro, sulle nostre coste sono arrivati, salvati dalla nostra Marina militare e dalle motovedette delle capitanerie di porto, migliaia e migliaia di immigrati imbarcati su quei rottami galleggianti

Il senso dell'equilibrio

Dopo il tragico e straziante naufragio di Cutro, sulle nostre coste sono arrivati, salvati dalla nostra Marina militare e dalle motovedette delle capitanerie di porto, migliaia e migliaia di immigrati imbarcati su quei rottami galleggianti che usano gli scafisti (dall'inizio dell'anno più di 18mila clandestini). E a sentire la nostra intelligence, sulle coste libiche ce ne sarebbero 685mila pronti a partire. Una marea umana pronta a riversarsi sulla penisola. Una moltitudine che da una parte va soccorsa per evitare che affidandosi alle grinfie di organizzazioni criminali senza scrupoli finisca in fondo al mare. Dall'altra va scoraggiata o, almeno selezionata, in modo che i perseguitati e i provenienti da zone di guerra trovino asilo da noi com'è loro diritto, mentre chi viene solo per popolare quei ghetti criminali che sono sorti nelle nostre città (furti, aggressioni e spaccio) sia respinto. Anche perché è fatale che il prossimo fatto di cronaca truculento che abbia come protagonista qualche immigrato clandestino susciti nella nostra opinione pubblica una reazione emotiva, uguale e contraria, a quella giustamente provocata dalla disgrazia di Cutro. Le emozioni, si sa, non si governano.

Ecco perché c'è un bisogno profondo di senso dell'equilibrio nell'accostarsi ad un problema che non ha soluzione. Da parte di tutti. È necessario assicurare il soccorso in mare a chi si affida a questi viaggi del dolore. Non potrebbe essere altrimenti: solo qualche scemo del villaggio può pensare che il nostro governo non abbia salvato scientemente i naufraghi di Cutro. È anche necessario, però, trovare nel contempo strumenti che scoraggino l'immigrazione, che spieghino a questa umanità disperata che non basta arrivare in Italia per restarci. Motivo per cui è giusta la guerra senza quartiere agli scafisti. Intensificare i soccorsi in mare. Ma nel contempo, la vera partita si gioca sul potenziamento e l'efficientamento dei nostri centri di rimpatrio: per rimanere nel nostro Paese (o in Europa) devi averne diritto o meritartelo; i settemila dollari dati agli scafisti non sono una garanzia, ma rischiano di essere soldi sprecati se non hai i requisiti per essere accolto.

È una misura essenziale, specie se si punta a promuovere la politica dei flussi e dei corridoi umanitari. Chi viene da noi in cerca della terra promessa deve seguire i percorsi legali. Anche perché un'immigrazione senza limiti può determinare una reazione di rigetto. E in quel caso l'orientamento politico conta poco: il conservatore inglese Rishi Sunak e il democratico americano Joe Biden usano strumenti simili per contenere il fenomeno.

Appunto, senso dell'equilibrio. Che non significa incolpare il nostro governo, come ha fatto ieri la neosegretaria del Pd, di un naufragio avvenuto in acque libiche per il quale, peraltro, le nostre autorità si sono mobilitate. Con la speculazione politica su questi temi, non si va da nessuna parte. Anzi, può rivelarsi un boomerang, perché le ondate emotive sono cangevoli.

Lo ha sperimentato Matteo Salvini e lo scoprirà anche Elly Schlein.

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