Vanessa Marzullo: "Io e Greta torneremo in Siria"

Non sono bastate le polemiche per il pagamento di un presunto riscatto, le due ragazze vogliono tornare dove sono state rapite. L'accusa: "Su di noi solo insulti"

Vanessa Marzullo: "Io e Greta torneremo in Siria"

Dopo le polemiche per la loro liberazione e quei dubbi su un presunto riscatto da 12 milioni di euro pagato dal governo italiano per riportarle in Italia, tornano a parlare Greta e Vanessa, le due cooperanti rapite e poi rilasciate in Siria.

Ad annunciare il loro ritorno in Siria è Vanessa Marzullo che in un'intervista a Repubblica afferma: "Chi ha lavorato con noi in questi anni sa quello che abbiamo fatto e come lo abbiamo fatto. Quanto ci siamo spese per la Siria. Gli insulti passano. Il fango e le cattiverie me le sono tolte di dosso. Ho ripreso gli studi. Io e Vanessa Ramelli torneremo ad aiutare il popolo siriano", afferma.

Un po' meno convinta Greta, che ha detto all'Ansa di non avere "nessuna intenzione di farlo".

La 21enne Vanessa ribadisce che non ha nulla di cui vergognarsi: "Siamo andate in Siria da volontarie con il progetto per il quale abbiamo lavorato per quasi tre anni: "Assistenza sanitaria Siria". E' dal 2012 che aiutiamo il popolo siriano massacrato da una dittatura tremenda - spiega - di fronte alla quale il mondo ha fatto e fa ancora niente".

"A chi ci ha detto che dovevamo partire con l'Onu, rispondo: ma di cosa stiamo parlando? Sono giovane non ho niente da insegnare a nessuno. Ma mica vai con l'Onu a portare punti. Non funziona così", chiarisce. "Sia io sia Greta siamo iscritte alla Croce Rossa, sulla Siria diffondiamo notizie tramite blog, abbiamo portato avanti iniziative in Italia, a Bergamo, Milano, Varese. Poi con questo progetto abbiamo iniziato a portare gli aiuti direttamente là", continua.

Alla domanda se è vero che si siano esposte al pericolo poiché avevano avuto contatti con i guerriglieri jihadisti, Vanessa Marzullo risponde che "non è assolutamente vero perché abbiamo avuto contatti solo con la popolazione civile". La notizia sulla "distribuzione da parte nostra di un kit di salvataggio per i combattenti è quindi del tutto fantasiosa e offensiva". Ma dopo l'intervista si è scatenata la bufera. Al punto che il fratello di Vanessa su facebook ha inveito contro il giornalista di Repubblica Paolo Berizzi: "Il giornalista è la categoria dei lavoratori più vile e infame che ci sia! Vanessa non ha fatto nessuna intervista, anzi è stata proprio rifiutata a quel giornalista che poi ha pubblicato l'articolo, quindi ciò che è stato scritto/detto non è affatto vero. Smentiamo tutto". Pronta la risposta di Berizzi: "Il signor Salvatore Marzullo, padre di Vanessa, deve avere perso la memoria e la vista insieme. Capita. Provo a fargliele ritornare. Sabato 14 marzo alle ore 12, come da accordi, mi ha accolto nella sua trattoria "Cascina Bolsa" di Verdello per l'incontro concordato con la figlia. Dopo le presentazioni di rito ci ha fatti accomodare ad un tavolo dove Vanessa ed io abbiamo "ricostruito i fatti" - come dice lui".

E ancora: "La conversazione è durata un'ora e mezza, accompagnata da due té alla pesca e sotto lo sguardo, forse un po' distratto, di Salvatore Marzullo e del figlio Mario, intenti a lavorare. Non ho avuto modo di gustare le specialità del locale perché, nonostante i ripetuti inviti del titolare affinché sua figlia ed io ci fermassimo anche per pranzo, rispettivi impegni non ce lo hanno permesso".

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