Cultura e Spettacoli

Crudele in guerra e un po’ brutale a letto

In vent’anni provocò oltre cinque milioni di morti. Ma invece di essere processato per crimini contro l’umanità, morì di malattia nel suo letto

Fu ferito più volte nelle sue tante battaglie, ma a procurargli la lacerazione più profonda fu il morso di una cagnetta. Accadde la prima notte di nozze, quando la bastardina della moglie gli addentò il polpaccio, gelosa per lo scambio di tenerezze tra i due. Dell’aneddoto, che il Nostro raccontò divertito cento volte, non c’è ragione di dubitare salvo che per il particolare delle «tenerezze». Né l’una, né l’altro erano tipi da farne. Lei, di qualche anno maggiore, era una sensualona pochissimo sentimentale. Una creatura arida il cui interesse principale erano i vestiti. Lui, nelle cose del sesso, era un rozzo immaturo. Faceva l’amore di fretta, come per togliersi il pensiero. Era un uomo eternamente affannato, inseguito da mille incombenze che non riuscì mai a soddisfare né la moglie, né le amanti. Fornicava con irruenza e spesso perdeva i sensi durante l’atto. Ebbe innumerevoli avventure, ma sempre all’insegna di una qualche brutalità.
Spedito in Egitto per conquistare una colonia dove coltivare la canna da zucchero, venne a sapere che in patria la moglie lo tradiva. Se ne mostrò così abbattuto, che il governatore del Cairo gli offrì per consolarlo una bambina di undici anni e un ragazzetto. Li possedette entrambi sotto la tenda militare, ma ne rimase insoddisfatto. Ordinò allora agli aiutanti di campo di mandargli ogni notte una donna diversa. Ricordando come Giuditta avesse nascosto sotto le vesti la daga con cui spiccò la testa di Oloferne, pretese che le ragazze fossero introdotte da lui già denudate. Nonostante l’atmosfera intensamente erotica, nessuna lo soddisfece. A questa nevrotica scontentezza fu attribuita la particolare crudeltà che il Nostro dimostrò in quella guerra coloniale.
Con le sue truppe perfettamente addestrate, sfidò sotto le Piramidi i Cavalieri egiziani eredi della dinastia Mammalucca. Fu una lotta impari, degenerata in carneficina. Gli egiziani, armati come nel medioevo, caddero sotto i colpi delle più moderne armi da fuoco. Rimasero uccisi in diecimila, contro i 29 morti dell’altra parte. Passato dall'Egitto alla Palestina, il Nostro catturò a Giaffa 4500 guerrieri musulmani che furono tutti trucidati. Non volle però sprecare munizioni. Così, parte furono infilzati con le baionette, parte annegati in mare. Fu questo, probabilmente, il suo più scoperto crimine contro l’umanità.
Non fu però da meno una decina di anni dopo, quando sfogò di nuovo il suo gusto innato per le stragi. A Slavkov, stava calando la notte dopo una gelida giornata di battaglia tra le brughiere della Moravia. I russi da lui battuti cercavano scampo fuggendo a perdifiato sui laghi gelati. Il Nostro lasciò che si allontanassero e quando fu certo che non avrebbero più trovato scampo sulla terraferma, ordinò di colpire a cannonate le superfici ghiacciate con munizioni roventi. Il ghiaccio si frantumò e duemila fuggiaschi annegarono.
Assodato che era crudele di natura, al di là delle sue frustrazioni sessuali, possiamo tornare alle sue avventure. A Varsavia, che aveva occupato manu militari, si incapricciò di Maria, una contessina diciottenne. Pretese di farne la sua amante, nonostante fosse già sposata a un uomo molto più anziano. Furono le autorità polacche e lo stesso marito a convincerla di cedere per evitare guai maggiori al Paese. Quando i due furono soli nell’alcova, la ragazza riprese a tergiversare. Il Nostro, attanagliato dalla solita fretta, le disse a brutto muso: «Se mi fai arrabbiare, distruggerò la Polonia come questo orologio», gettò a terra l’orologio che aveva al panciotto e lo schiacciò con lo stivale. Per lo spavento, Maria svenne e l’amante la possedette beato mentre era priva di sensi. L’inconsapevolezza non impedì alla contessina di restare incinta. Il bebè fu riconosciuto dall’anziano marito di Maria e, una volta cresciuto, emigrò in Francia dove divenne ministro degli Esteri di Napoleone III col nome di Alexandre Walewski.
I lettori avranno già intuito dall’intraprendenza amorosa che il Nostro era in ogni sua fibra un italiano. Il padre, Carlo Mario, apparteneva alla nobiltà toscana. Italiana era anche la madre che partorì il piccino a 16 anni. In italiano il ragazzo compì gli studi iniziali, scrisse le prime lettere e si espresse per lunghi anni. Finché, grazie al francese conte di Barbeuf amante della mamma, ebbe una borsa di studio per un collegio di Autun. Qui cominciò a imparare la nuova lingua per la quale non fu mai particolarmente versato, preferendo di gran lunga la matematica. Quasi per allenarsi, scrisse in francese un romanzo di ambiente inglese. La storia di un complotto whig contro re Carlo II. Era infatti un patito dell’Inghilterra e sognò a lungo di arruolarsi nella Royal Navy. Pensò anche di entrare al servizio del sultano turco. Solo a 20 anni trovò la sua strada, che fu la guerra. Nessuno della sua epoca partecipò a più battaglie di lui. In venti anni di follia, provocò cinque milioni di morti. Morì nel suo letto solo perché eravamo nel XIX secolo.

Nel XX sarebbe stato impiccato.
Chi era?

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