Le Artistar sono finite, trionfa la noia

Finita l'epoca dei provocatori alla Cattelan. Nel clima di crisi tornano a piacere l'astratto e il decorativismo

Biennale di architettura a Venezia
Biennale di architettura a Venezia

Sopravvissuta all'apocalisse mancata, l'arte italiana sta vivendo un momento molto particolare in cui, più che proporre nuovi scenari e preconizzare il futuro, tende a guardare dentro se stessa con un atteggiamento elegante ma conservatore, sobrio e non troppo emozionante. Come se oggi mancasse alla nostra arte quell'atteggiamento gaglioffo che l'ha resa famosa, e amata, nel mondo; l'impagabile mix tra commedia e farsa tragica; il mettere a nudo vizi e virtù di un Paese sempre sull'orlo del precipizio ma che all'ultimo momento riesce a tirarsi su con un geniale colpo di reni.

Dai primi segnali del 2013, a cominciare dai convocati per il Padiglione Italia dell'imminente Biennale di Venezia, manca all'arte quel carisma e quel senso di improvvisazione che l'aveva caratterizzata negli ultimi cinquant'anni, comprese le esperienze dell'Arte Povera e della Transavanguardia, e proprio per questo la critica e il mercato vanno a cercare in quegli anfratti parzialmente inesplorati allo scopo di rilanciare qualche protagonista non ancora adeguatamente valutato. Sul presente, invece, si fa fatica a trovare le giuste motivazioni e quindi, a parte qualche rara eccezione, ciò che si presenta agli occhi del pubblico avrebbe potuto essere esposto anche nel 1973 o nel 1993. Insomma l'arte rischia di fare la fine del rock, trasformatosi in fenomeno per adulti e di poco appeal per i più giovani.

La prima vittima di questo ritorno all'ordine è proprio l'artista simbolo degli ultimi vent'anni: Maurizio Cattelan. Da quando ha annunciato il suo ritiro, dopo la mostra al Guggenheim di New York, in effetti il geniale padovano è fermo e non si è ancora capito cosa farà da grande, visto che ha solo 53 anni, se gli basteranno le collaborazioni con Jovanotti e l'attività di editore indipendente. Il suo (forse non definitivo) abbandono ha tolto di mezzo l'arte dei pupazzi, delle provocazioni gratuite, della cronaca elevata a storia e bisognerà capire se il nuovo bisogno di sobrietà, che mal sopporta le artistar, avrà effetto anche sul mercato di Cattelan, visto che per alcune opere di Damien Hirst si parla addirittura di un deprezzamento del 300%.

Altro enfant-prodige che ha imperversato lo scorso decennio per la diabolica capacità di attrarre divi del cinema, vecchie star della tv in un mondo tutto glamour e lustrini, e che adesso è considerato out dal new style in gessato e principe di Galles, è Francesco Vezzoli. Il gotha dell'arte non ne può più di tutta questa mondanità artefatta, delle feste per pochi e alle liste vip preferisce fatti concreti, opere e non intenzioni di opere, che si possano comprare e godere persino in famiglia, in una dimensione che mette davanti la casa al museo. Si deve proprio a questa eleganza domestica il successo strepitoso che sta avendo un fotografo come Luigi Ghirri, morto nel 1992: i suoi piccoli scatti, delicati paesaggi della riviera romagnola, nature morte silenziose degne di un Morandi dell'obiettivo, vengono considerati il meglio della fotografia italiana di provincia perché descrivono in maniera sentimentale l'autenticità di un modo di essere. Fino a poco tempo si compravano a 2-3 mila euro, sarebbe stato un affare prenderle anzitempo.

Nel bisogno di sintesi e stile ci rimette molto la pittura figurativa, persino quella storica dei De Chirico, Sironi e Guttuso, mentre l'astrazione di Afro è in grande crescita. La Transavanguardia ha perso lo smalto dei tempi migliori, persino Francesco Clemente considerato l'unico davvero internazionale del gruppo: troppa commedia dell'arte, troppi cazzetti e faccine, troppo meridionalismo di maniera. E così, a sorpresa, sta tornando la buona pittura degli anni '80, il decorativismo sommesso di Marco Tirelli selezionato per la Biennale, che ha sempre mescolato rigore a piacevolezza. D'altra parte l'immagine invecchia prima, mentre la pittura monocroma e l'astrattismo sintetico, pur essendo più lontani nel tempo risultano decisamente più vicini al nostro gusto. Inarrivabili ormai le superfici estroflesse di Enrico Castellani, bisogna puntare su Agostino Bonalumi che costa meno ma garantisce la stessa qualità e tenuta, quell'eleganza italiana che sta bene sulle pareti bianche dei musei come in una sobria dimora borghese.

Ogni tempo ha la sua moda e il 2013 adora il gusto vintage, che dal fashion si è trasferito al design e dalla musica ha invaso l'arte. Funziona tutto ciò che ricorda il mood degli anni '70, dalla fotografia agli oggetti, dalla scultura alla pittura: ecco spiegato il répechage di Gianfranco Baruchello, considerato artista di culto e oggi tornato in voga, proposto addirittura sul palcoscenico di Documenta nell'estate 2012.

Il rischio è che tali riscoperte suonino da operazioni a tavolino, ma il pubblico capisce e apprezza senza bisogno di input dall'alto: non ha funzionato, infatti, l'operazione Gino De Dominicis, su cui molti avrebbero scommesso il lancio sul mercato internazionale, rimasto fenomeno prettamente italiano, di quell'italianità un po' grossier che anche l'arte vuol mettere da parte.

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